Mascherine: il decreto Gualtieri è peggiore della bozza

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Mascherine: il decreto Gualtieri è peggiore della bozza

Questa storia delle mascherine la chiarisce bene il professor Walter Ricciardi, componente del comitato esecutivo dell’ Oms, in più interviste, dicendo come e perché vanno usate e chi dovrebbe proteggersi, facendo una distinzione molto precisa fra queste a seconda dell’esigenza reale. Interessante la differenza fra le classi FFP2 ed FFP3, dove FF sta per “facciale filtrante”. Così scopriamo che P2 filtra al 92% e P3 filtra al 98%.

Questi dispositivi di protezione non vanno utilizzati in assenza di sintomi di malattie respiratorie. Invece i magazzini dei grandi distributori sono vuoti a causa di chi ne ha fatto incetta e non ne aveva davvero bisogno. Chi ne fa le spese sono certamente i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, perennemente a contatto con l’utenza che arriva in ospedale e senza questi coadiuvanti a norma, il rischio di contagio è elevatissimo.

Chi ci curerà se si ammalano i nostri sanitari? Quanti di loro hanno contratto il coronavirus? Temendo la crisi economica ecco che la si butta in caciara. Dapprima emergenza zero, poi emergenza mite e poi emergenza rossa. Abbiamo dato il triage all’intero paese. Il governo ha subito giustamente parlato di precauzioni, di lavarsi bene le mani e quindi di mascherine, purché avessero il marchio CE, ma allora era solo una bozza del Decreto. Adesso arriva il Decreto sul quale è scritto che si possono indossare mascherine anche senza il marchio CE.

Siamo un po confusi. Sarebbe come dire che possiamo comprare i giocattoli per i bambini, le stoviglie, i cosmetici, ogni cosa senza quel marchio, tanto improvvisamente non fanno più male alla salute. Se la mascherina senza marchio CE in tempo di coronavirus non è così fondamentale, allora varra’ presto per tutto il resto. Brutto precedente, che peserà sulla salute di tutti noi.

Non crediamo che basti un Decreto ministeriale per abbassare l’asticella dei rischi di contagio. Fino a ieri terrorismo mediatico e oggi per proteggersi bastano i fazzolettini da naso profumati?

Se un medico o un infermiere che ha usato una mascherina non a norma CE si dovesse ammalare e poi morisse, cosa succederebbe dopo? Come minimo i familiari si rivolgerebbero alla Corte di Strasburgo. Non é un caso che il Consiglio dell’UE ha istituito il marchio nel 1993, a tutela della salute, cui l’Italia ha aderito.

Un passaggio di Safety di Assosistema, che rappresenta in Confindustria il settore di produzione e distribuzione di questi dispositivi di protezione individuali (DPI) e collettivi, riporta: “Quando è necessaria la protezione del personale sanitario si deve utilizzare un DPI ed indossarlo correttamente, avendo cura di seguire le istruzioni del fabbricante e verificando la tenuta della maschera al volto dell’operatore. Questo è fondamentale per garantire la protezione, dato che anche il dispositivo più sofisticato indossato in maniera non corretta, non serve a nulla”.

Abbiamo già assistito, in un vortice di confusione iniziale, a quanto era stato detto a proposito della situazione in Lombardia: “una gestione di una struttura ospedaliera non del tutto propria secondo i protocolli prudenti che si raccomandano in questi casi, e questo ha contribuito alla diffusione”. Poi il premier Conte ha fatto marcia indietro, ha capito che nei confronti della categoria dei medici era andato giù pesante.

Se noi abbiamo conoscenza di un certo numero di italiani che hanno contratto il virus è certamente perchè abbiamo disposto gli strumenti per fare i tamponi, dispiegato forze mediche ed infermieristiche che hanno effettuato i controlli a tappeto e quindi sono stati trovati e curati, perchè ricordiamolo sempre, che di coronavirus, come dicono i virologi, si può guarire. I medici italiani stanno facendo un lavoro che in nessun altro Paese al mondo stanno facendo. Ecco perchè negli altri Paesi evidentemente non hanno il numero di casi che abbiamo noi. Piuttosto meglio per noi non andare in Paesi dove non hanno troppi casi, perchè evidentemente non fanno abbastanza tamponi e non fanno controlli a sufficienza, come da noi. Il nostro Paese controlla i suoi cittadini, perchè è un Paese che tiene alla buona salute degli italiani. Negli USA il Covid-19 non c’è oppure gli americani non possono pagare migliaia di dollari per i tamponi, per le cure successive e per i trasporti in ambulanza, quindi non conosciamo i numeri degli infettati perchè tutto costa tantissimo con e senza assicurazione, non come da noi che abbiamo un Sistema Sanitario universale, cioè gratuito, per tutti.

Il problema che abbiamo in Italia riguarda la comunicazione e l’immagine quindi che forniamo di noi all’estero. La nostra comunicazione è sbagliata, il ministero degli esteri probabilmente non investe come dovrebbe su questo, forse non spende bene i soldi che ha a disposizione, poiché sta dando di noi un’immagine da lazzaretto, disgraziata, quando si potrebbe spiegare che i nostri medici stanno facendo di tutto per tutelare la salute dei cittadini, salvando centinaia di vite, ogni giorno.

Non è passata nemmeno chiaramente l’immagine di quel Comandante della nave a Yokohama, ultimo a scendere dopo tutti i passeggeri, l’anti-Schettino, un grande orgoglio per tutti noi, per l’Italia. Anche lì, un silenzio tombale. Abbiamo veri eroi nel nostro Paese, che tutti i giorni lavorano in silenzio, rischiando e vanno rispettati per questo. Vedono passare ministri, Presidenti del Consiglio, governi. Loro sono sempre li fino al pensionamento. Sono i nostri operatori della sanità, i nostri medici, i nostri infermieri e i nostri operatori socio-sanitari.

@vanessaseffer

Da L’Opinione

 

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Napoli, muore 15enne tentando di rapinare un poliziotto e i parenti devastano il Pronto Soccorso

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Da oltre un anno la Cisl Medici Lazio si è vistosamente impegnata sul tema delle aggressioni al personale medico con la sua campagna di sensibilizzazione sul fenomeno, non ha mai smesso di denunciare, rischiando di essere ossessiva.

 

Aveva adocchiato il costoso orologio di un uomo ma non aveva capito che era un poliziotto in borghese e gli ha puntato contro l’arma, ma questi estraendo a sua volta la pistola lo ha colpito al torace e alla testa la scorsa notte a Napoli. Era un ragazzo di appena 15 anni che subito trasportato da un’ambulanza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Vecchio Pellegrini, è deceduto per la gravità delle ferite riportate. I parenti e gli amici del ragazzo, appresa la notizia del decesso, hanno come da copione devastato i locali, gli arredi e i macchinari dell’ospedale della Pignasecca, costringendo i medici a sospendere l’attività, terrorizzando i presenti e non permettendo lo svolgimento delle attività assistenziali di emergenza in sicurezza per gli altri pazienti e alle ore 7.30 di questa mattina hanno dichiarato la sospensione del servizio di Pronto Soccorso, inviando otto dei pazienti lì in quel momento, con l’ausilio del servizio 118, in altri ospedali della città.

Nel frattempo sono già iniziate le operazioni di ripristino dei locali per riprendere quanto prima l’attività, tenuto conto dell’importanza che ricopre questo presidio all’interno della rete ospedaliera cittadina.

La nostra vicinanza va indubbiamente espressa al personale medico, infermieristico e sociosanitario che si è trovato senza alcuna protezione dinanzi alla furia di un certo numero di persone probabilmente disposte a tutto. Vivere continuamente minacciati, mentre si svolge la propria attività è un disagio insopportabile, specialmente se il lavoro che devi svolgere, per cui hai studiato una vita e che hai sognato di fare è di salvare delle vite e in questo periodo più che mai, con la paura che serpeggia nella testa di tutti e che rischia di prendere il sopravvento, che ha il sapore di un’isteria dilagante e incontrollata di una parte di popolazione che non sa darsi risposte certe in merito ad un virus di cui i media danno notizie discordanti, per cui si sentono solo pareri contraddittori, provenienti da personaggi litigiosi piuttosto che autorevoli.

Questo incenerisce il giusto significato sociale che i medici devono poter recuperare. Da oltre un anno la Cisl Medici Lazio si è vistosamente impegnata sul tema delle aggressioni con la sua campagna di sensibilizzazione sul fenomeno, non ha mai smesso di denunciare, rischiando di essere ossessiva. Il governo aveva risposto dando ampia soddisfazione, facendo uno sforzo importante. Si era detto “manca poco” “Decreto urgente” approvazione della legge in materia di aggressioni agli operatori della sanità praticamente domani, “tolleranza zero”, “certezza della pena”, “procedibilità d’ufficio”. Poi è arrivato il Coronavirus ed ha rubato il palcoscenico a queste storie terribili che tanto trovano sempre il modo di tornare in prima fila, ma hanno dato l’opportunità a chi non ne aveva, di essere primo attore in una fiction.

@vanessaseffer
Da DailyCases
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Il cibo e l’igiene al tempo del Coronavirus

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Il cibo e l’igiene al tempo del CoronavirusLe regole per garantire la massima igiene c’erano già e sono molto severe, con i sistemi di lavaggio, le lavastoviglie, la sanificazione. Il virus non si trasmette con gli alimenti, ma ci sono delle regole da rispettare. Non bisogna toccarli con le mani sporche per esempio. Diamine, che notizia! Intanto era tutto già previsto dalla legge, ma ci auguriamo che anche a casa nostra queste siano le regole di base. Il pane, il tramezzino, l’arancina, le brioches nei locali pubblici non si porgono con le mani anche in tempi normali, ci sono delle apposite pinze o i guanti. È una pratica che va eseguita sempre così, come noi dovremmo sempre lavarci le mani prima di andare a tavola e in effetti anche dopo aver fatto la pipì, argomento questo poco trattato, ma bisognerebbe affrontarlo prima o poi e pure seriamente questo aspetto della nostra vita che sembra “intimo” ma assume in fretta un ambito pubblico se poi saluti e abbracci decine di persone dopo aver minto o defecato. Ce lo dicevano le nostre mamme e le nostre nonne! Che fine hanno fatto queste regole di buona educazione?

Passata la buriana ricadranno nel dimenticatoio, come le conseguenze di questo momento un po illogico.

Ad ogni modo il cibo è ciò che ci fa stare insieme, che ci lega alla nostra casa, ai nostri parenti e ai nostri amici.

La cosa buona di questa emergenza infatti è che ci ha costretto a stare e a mangiare di più in casa, con i nostri figli, i nostri affetti, perché per un motivo o per un altro siamo tutti troppo impegnati per incontrarci spesso. La vita sociale, però, deve e può tornare ad essere quella di prima, perché questa paranoia dà il senso dell’ignoranza che sta alla base della nostra comunità. Queste mascherine portate in giro come un talismano e non per autentica necessità, come sputacchiatori seriali, come un cornetto rosso o la monetina portafortuna, fa pensare a come siamo nel profondo, alla nostra effettiva vulnerabilità. Da un lato la scienza e dall’altro il gatto nero. Bisogna mettersi d’accordo col cervello.

@vanessaseffer

Da L’Opinione

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Luci ed ombre del contratto sanitario, convegno a Genova

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Il 21 febbraio la Cisl Medici a Genova per fare chiarezza sul nuovo Contratto e sul problema della carenza numerica dei medici.

 

Dopo oltre dieci anni a fine dicembre è stato firmato il Contratto della dirigenza medica e sanitaria 2016-2018 per i 130mila professionisti del Ssn.

Ma nei prossimi anni trovare un medico in Liguria e in tutto il Paese sarà come fare una caccia al tesoro. I nostri medici preparatissimi nel frattempo saranno andati all’estero dove vengono strapagati e noi italiani saremo costretti a rivolgerci ai medici stranieri per ovviare alle nostre carenze. Un quadro decisamente surreale che dimostra la “capacità” di programmazione dei nostri ultimi governi.

“Luci e ombre” dice nel titolo il Convegno organizzato a Genova il 21 febbraio il Segretario Generale della Cisl Medici Liguria, Dott.ssa Elisabetta Tassara, per mettere in chiaro le cose positive e quelle negative, del Contratto e l’annoso problema della carenza numerica dei medici.

Che cosa si ritiene negativo del Contratto?

Ciò che non è stato preso in considerazione, come le differenti carriere della dirigenza oppure al riconoscimento per certe professioni a rischio, come quello che viene fatto in Pronto Soccorso. Mancano i riconoscimenti dal punto di vista economico, è stato dato poco perchè il fondo permetteva questo, è stato stanziato poco per la Sanità. E si tratta di un contratto già scaduto e che deve essere già ridiscusso nel prossimo futuro.

E di positivo?

Si è previsto lo scatto dei vent’anni, visto che la carriera si è allungata tantissimo, quindi è previsto che ci sarà un adeguamento contrattuale. Prima l’ultimo scatto si fermava a quindici anni, siccome si pensa che dovremo lavorare probabilmente fino a quando saremo molto vecchi e si è predisposto lo scatto dei vent’anni. Sono aumentati poi sul fronte del disagio i compensi per le notti di 100 Euro per chi fa le notti di guardia normalmente e di 120 Euro per chi le fa in Pronto Soccorso, riconoscendo un pochino di disagio in più a chi lavora frontline, perchè è come andare in frontiera. Però si potrebbe fare di più, anzi molto di più. Comunque rispetto alla media europea siamo molto al di sotto e ci sono tanti motivi di discussione quindi. Ed è per questo che stiamo organizzando questo convegno aperto a tutti. Una discussione corale per capire in quale direzione migliorare per le nuove discussioni e cosa portare avanti perchè quello che vogliono le Regioni è spendere meno avere pochi medici e avere gli ospedali con noi che lavoriamo anche 50 ore a settimana. Però questa è una battaglia fra due fronti che la pensano in maniera completamente diversa. Coinvolgeremo coloro che influiscono sulle decisioni in merito a questi argomenti e sulla sanità ligure come il Dott. Quaglia e il Dott. Locatelli, rappresentanti della Regione Liguria, del Consiglio regionale, delle Direzioni generali, dell’Ordine dei medici, il Segretario generale della Cisl Medici Nazionale Biagio Papotto, tutti attori che fanno parte della Sanità, su un argomento scottante che è quello della carenza di personale, oltre che del contratto e come si pensa di risolvere.

Cosa pensa dell’assunzione degli specializzandi al terzo anno e del prolungamento a 70 anni dei medici in corsia?

Far lavorare chi ha superato i 42 anni di onorato servizio e arrivare fino a 70 anni a me sembra un po una sconfitta, noi ci battiamo anche per le pensioni. Ci sono persone che se la sentono ed hanno la fortuna di fare bene e vogliono continuare. Sicuramente da questo punto di vista non sono la soluzione del problema, nè una nè l’altra. Tra le due, se devo scegliere, preferisco l’assunzione dei giovani specializzandi, perchè anche noi come ospedale abbiamo la fortuna di avere specializzandi che frequentano il nostro reparto come altri e sono utilissimi, danno una mano in questo momento. Se uno potesse non solo partecipare alla loro formazione ma iniziare a fidelizzarli, perchè poi prendono e vanno via. Rispetto alla nostra generazione che non avevamo spazi lavorativi, io per andare a trovare lavoro sono dovuta uscire dalla mia Regione perchè non c’era spazio e non c’erano concorsi da anni ai miei tempi, sono andata a fare un concorso fuori Regione e sono rientrata dopo anni con la mobilità, questo per loro apre un fronte che li farà andare ovunque, se si pensa che ci stiamo svuotando, si calcolano seimila pensionati all’anno, nei prossimi cinque anni mancheranno trentamila medici dirigenti e l’Università non ha questi numeri, non ha questa formazione, perchè l’imbuto formativo con il numero chiuso dell’accesso in Medicina e il numero carente delle borse di formazione che è ancora peggio, perchè una volta che si laureano diecimila medici e mi metti l’imbuto formativo è la fine. In Liguria nei prossimi anni mancheranno 100 anestesisti, 100 pediatri, 100 medici di primo intervento in medicina d’urgenza PS; mancheranno chirurghi, ortopedici, questo per dare dei dati. Col nuovo contratto va affrontato questa challenge, una sfida che ci viene messa davanti sia come sindacalisti che come politici, come operatori e difensori del sistema e della professione salute.

@vanessaseffer

da DailyCases

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Brindisi, medici aggrediti durante intervento in sala operatoria

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Solo i nervi saldi dei medici hanno impedito una tragedia e presto la polizia è intervenuta dopo che i parenti di un paziente si erano introdotti in sala operatoria pretendendo di parlare con il primario. La grande preoccupazione del Segretario generale della Cisl Medici del Lazio, Dott. Luciano Cifaldi che da tempo chiede provvedimenti delle Autorità competenti

 

A Brindisi, nella notte fra il 30 e il 31 gennaio, un gruppo di persone ha aggredito il medico di guardia dell’ospedale Perrino e poi non soddisfatti, pretendendo la presenza del primario in quel momento impegnato in un intervento chirurgico, in spregio ad ogni principio di sicurezza, si sono introdotti in sala operatoria pretendendo un consulto con il professionista per il loro parente ricoverato, fermando l’intervento e i chirurghi che stavano operando un aneurisma dell’aorta. Solo i nervi saldi dei medici hanno impedito una tragedia e presto la polizia è intervenuta grazie alla prontezza di una guardia giurata, ma poteva finire molto male. Non è un film dell’orrore, è la realtà ed è accaduto in casa nostra, né in estremo Oriente, in Africa o chissà dove ci piacerebbe immaginarlo.

Siamo veramente alla frutta se in una sala operatoria possono introdursi degli estranei, nel bel mezzo di un intervento chirurgico, mentre chiunque di noi può essere sotto i ferri e aspettiamocelo a questo punto, non solo di notte ma a tutte le ore, pensando di poter aggredire i medici e il personale sanitario a piacimento. Descriviamo brevemente il blocco operatorio di un ospedale, luogo di cui fanno parte le sale operatorie, dove vengono effettivamente svolti gli interventi chirurgici. Un posto che non si ferma mai, vero centro di accoglienza, come il Pronto Soccorso italiano. Questi luoghi devono essere appositamente sterilizzati, hanno una stanza adibita al lavaggio e alla vestizione dell’equipe chirurgica. Vicino c’è una zona filtro, la sala del risveglio dei pazienti e altri spazi che necessitano per tutto il tempo necessario di una cosa sola, serenità, la più assoluta pace e tranquillità per svolgere uno dei compiti più delicati che si possano pensare: salvare delle vite umane.

Proprio qui, in un luogo che possiamo definire sacro, anche se non si curano le anime, forse, ma i corpi, abbiamo avuto l’ennesima prova della nostra vulnerabilità, l’ennesimo riscontro della solitudine dei medici e del personale sanitario. Parole, chiacchiere e tabacchiere di legno, ma pur sempre parole al vento. Qui di risultati ancora non se ne vedono. Ed è così che il Segretario generale della Cisl Medici del Lazio, Dott. Luciano Cifaldi ha commentato ed evidenziato i fatti accaduti a Brindisi visibilmente sconcertato e preoccupato: “Da molto tempo come Cisl Medici Lazio ci occupiamo di aggressioni ai medici e agli altri operatori sanitari e, personalmente, considerati tutti gli approfondimenti sul tema, pensavo di avere registrato nella mia mente episodi estremamente variegati e diversamente pericolosi. Ma la notizia che giunge da Brindisi, dove è stata interrotta l’intera equipe di sala operatoria, ha qualcosa di incredibile e di sconvolgente al tempo stesso”. Il Segretario della Cisl Medici Roma Capitale/Rieti Benedetto Magliozzi ha continuato: “La più fervida delle fantasie non sarebbe mai riuscita a prevedere che si potesse giungere a questo punto di degrado. È accaduto qualcosa di inimmaginabile che rappresenta uno specchio del degrado che sta vivendo la nostra società”. Il Segretario Cifaldi ha poi così concluso: “Stiamo freschi” si direbbe a Roma, se pensassimo di risolvere questo fenomeno solo con la prevenzione e gli strumenti della formazione e della comunicazione, qui si tratta di intervenire duramente, concretamente e nell’immediato. Ribadisco un concetto da me già espresso: non chiediamo derive autoritarie, ma è urgente che le Autorità non abbandonino alla deriva noi medici e tutti gli altri operatori”.

@vanessaseffer

Da DailyCases

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