ASL Roma 6: a rischio la zona terapia intensiva dove si prevede un uso promiscuo per pazienti Covid e pazienti non Covid

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Il segretario della Cisl Medici Lazio, Luciano Cifaldi,  interviene su possibile utilizzo di spazi unici in terapia intensiva negli ospedali dei Castelli Romani, che vedrà una pericolosa commistione tra pazienti affetti da coronavirus e quelli con altre gravi patologie

 

 “Si ha notizia della volontà da parte della direzione strategica della Asl Roma 6, quella dei Castelli per intenderci, di concentrare in un unico spazio fisico, o strettamente limitrofo, pazienti Covid e pazienti non Covid. Questo sembra possa accadere sin dai prossimi giorni nella terapia intensiva ed appare in aperto contrasto con quanto ribadito nella nota 7865 del 25/3/2020 del Ministero della Salute” – dichiara in un comunicato Luciano Cifaldi, segretario della Cisl Medici Lazio.

La richiamata nota del Ministero della Salute, avente ad oggetto “Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19” evidenzia come è”necessario identificare prioritariamente strutture/stabilimenti dedicati alla gestione esclusiva del paziente affetto da COVID- 19, tenuto conto che le attività precipue sono legate alle malattie infettive, assistenza respiratoria e terapia intensiva. Parimenti, è necessario individuare altre strutture ospedaliere da dedicare alla gestione dell’emergenza ospedaliera NON COVID (patologie complesse tempodipendenti)”.

“Sfugge pertanto – dichiara il sindacalista Cisl Medici Lazio – quale possa essere la razionale motivazione che spinge la direzione generale della Asl Roma 6 ad intraprendere una strada che potrebbe esporre pazienti e personale ad un significativo aumento del rischio contagio”.

Peraltro nel documento di fase 3 emanato nei giorni scorsi dalla Regione Lazio in attuazione della circolare del Ministero della salute prot. GAB. 2627 del 1marzo 2020 l’ospedale dei Castelli viene inserito nella rete Covid-19, anche in ragione della disponibilità manifestata, come ospedale spoke destinato alla gestione di casi Covid-19 a minor impegno clinico-assistenziale.

“Come si concilia dunque il programma di conversione della Terapia Intensiva dell’Ospedale dei Castelli da no covid-19 a covid-19 positivi?

Stiamo parlando della terapia intensiva ovvero di quella area di alta specializzazione dove vengono ricoverati ad esempio i pazienti che ne necessitano dopo interventi operatori complessi.

La Cisl Medici Lazio chiede pertanto al Direttore Generale della Asl Roma 6 e all’Assessore alla Sanità del Lazio di garantire che la realizzazione di questo progetto non esporrà a rischi ulteriori i pazienti e non andrà a danno della sicurezza e della incolumità fisica dei medici e degli operatori sanitari del Nuovo ospedale dei Castelli”.

@vanessaseffer

da DailyCases

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Covid-19, nella confusione sfuggono i tamponi a tutti i sanitari

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Covid-19, nella confusione sfuggono i tamponi a tutti i sanitariDifficoltà un po’ ovunque nel reperire e gestire i dispositivi di protezione individuali da adottare nel caso del Covid-19 e per ogni tipo di patologia infettiva diffusa in modo epidemico: mascherine chirurgiche, mascherine Fpp2 e Fpp3, occhiali, guanti e camici monouso, disinfettanti liquidi e kit di isolamento monouso. Tutto materiale costoso che deve essere utilizzato in maniera corretta ed appropriata. Sperando che i fabbisogni siano soddisfatti ora che stiamo ricevendo aiuti dalla Cina, dalla Russia, da Cuba, e che qualche Paese europeo sta dando piena dimostrazione di egoismo da autotutela dopo avere accusato l’Italia di spinte sovraniste.

E speriamo che i Dpi non vadano esauriti e che non esca per decreto l’affermazione della non trasmissibilità degli agenti patogeni virali perché alla fine sarebbe imbarazzante, non tanto per noi creduloni che pensiamo ancora di avere un Governo che tutela gli italiani, quanto per la memoria di quegli scienziati che hanno preso il Premio Nobel a coronamento – ops mi è scappato un “corona” – delle lunghe e faticose ricerche. Gente tipo Alexander Fleming che, ovviamente, mai sarebbe stato chiamato quale componente di una unità di crisi costituita a seguito di una epidemia. O meglio, forse sarebbe stato chiamato, ma solo se in quota a qualche partito di maggioranza. Intanto, però abbiamo notizia che molte Asl sono state diffidate perché ai medici e agli infermieri mancano le dotazioni per gestire l’emergenza.

Notizie del genere sono pesanti da digerire. Non tanto per le diffide quanto per l’elevato rischio degli operatori sanitari di dover combattere il nemico stando in prima linea senza mezzi pienamente adeguati. E senza volere contribuire alla confusione ormai sembra finalmente appurato che l’uso delle semplici mascherine chirurgiche non può rappresentare dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e ciò a prescindere dalla presenza o meno del marchio CE.

Questa certezza era stata rappresentata ormai molti giorni fa in una nota dei segretari della Cisl Medici del Lazio e di Roma Capitale che avevano posto l’interessante quesito dopo il decreto Gualtieri discordante sull’argomento che certamente non andava in senso migliorativo, rispetto alla bozza della sera precedente. E subito diceva Idomeneo al nobile Nestore: “Un medico, lo sai bene, vale tanti uomini quando c’è da estrarre frecce e spalmare balsami che leniscono gli spasmi” (Iliade, canto XI). Ora chiediamo: a quando i tamponi a tutto il personale sanitario?

 @vanessaseffer

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Covid-19: ancora tutti in giro appassionatamente?

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Covid-19: ancora tutti in giro appassionatamente? A Wuhan hanno isolato tutto, vietato la circolazione di 56 milioni di persone in pochissimo tempo, in un battito di ciglia. Noi siamo 60 milioni in tutto il Bel paese. Qualcuno direbbe subito che lì c’è la dittatura. Io adesso preferisco pensare che talvolta ci può essere un rapporto di collaborazione fra la popolazione e chi ha il polso della situazione e non capisce niente di medicina, come di politica, e invece pensa di poter fare come gli pare e dire di tutto, parlare di tutto senza avere nozioni di scienza, senza studiare, solo per sentito dire o per entità divina.

Da noi sembra non esserci una cultura sufficiente per poter applicare a tutti gli effetti certi schemi democratici, dato che se il tuo governo dice di stare a casa per causa forza maggiore non ci stai e te ne freghi bellamente. Ti piaccia o no, di destra o di sinistra, manca la decenza e il rispetto per l’autorità, quello che ti insegnano quando sei piccolo, quando ti dicono di stare fermo seduto a tavola e non ci si alza fino a quando non hanno finito tutti di mangiare e saranno papà o mamma a darti il permesso di andare. Il permesso, che non è dittatura, ma buona educazione e direi addirittura un concetto più ampio di libertà. Perché se pensi che la tua libertà sia quella di poter fare ciò che vuoi, danneggiando, inquinando, rovinando la salute degli altri e dunque limitando l’altrui libertà, la tua è ignoranza e stupidità.

Punire a questo punto è l’unica opportunità possibile, limitare la libertà, far pagare un prezzo. Così, che differenza c’è fra quello che avremmo potuto essere e quello che diventiamo dopo? La differenza sono i morti, il tempo sprecato, la rabbia. Il dover ricominciare tutto per degli stolti e degli ignoranti. Fermiamoli prima.

@vanessaseffer

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Coronavirus: non dobbiamo stare “vicini vicini”

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“Salva una vita e sei un eroe, salva cento vite e sei un medico o un infermiere”.

Il Paese si ferma, ma non può permettersi di farlo totalmente. Il 90 per cento del paese produttivo si immobilizza, ma il 10 per cento che continua a muoversi lo fa per sostenere l’altro 90 che non può e soprattutto non deve. Come la filiera dell’agroalimentare, chi coltiva, mette nelle cassette, nelle buste e trasporta fino ai nostri supermercati la nostra frutta, la verdura, le carni, le uova e quanto necessita per la nostra sopravvivenza, anche per tutta quella filiera che porta strumenti alla medicina, agli ospedali, che decisamente non può fermarsi. I medici, gli infermieri, il personale sociosanitario, che non conoscono la differenza fra il giorno e la notte, fanno turni di due o tre giorni consecutivi, a volte con pochi minuti di riposo. Non hanno mai pensato di fermarsi, non è nel loro Dna.

Gli italiani hanno finalmente capito l’importanza di fermarsi, si sentono parte di un progetto comune di rinascita, nonostante la preoccupazione reale di un tracollo economico per il Paese, della difficoltà che avrà nel rialzarsi. Insieme ce la faremo, questo è il mantra, però è più importante superare sta nuttata. Se restiamo a casa ci proteggiamo noi ma proteggiamo gli altri, ci sentiamo altruisti. Non intasiamo gli ospedali, le strade, evitiamo di contagiarci ulteriormente e di protrarre e allargare le dimensioni del contagio di questa influenza modificata. La catena di solidarietà ci unisce tutti per una volta, non ha un dialetto, una distinzione climatica, vede le montagne, i laghi e il mare, ha sapore di pastiera, di bagna càuda, di caponata e canederli. Adesso vengono prodotte e distribuite decine di milioni di mascherine, non eravamo abituati a vedere questi presidi medici se non in certi settori della medicina, come la chirurgia, l’oncologia, oppure dell’industria alimentare, perché non erano necessari. Non avevamo bisogno di tante terapie intensive, invece oggi si, e abbiamo dovuto imparare a far fronte a necessità improvvisando strutture e ospedali da campo e reclutando medici appena laureati e infermieri appena formati.

In Italia abbiamo definito meccanismi di contrasto al contagio prima di altri Paesi che sono decisamente indietro, che continuano ancora oggi a non prendere sul serio la situazione. Abbiamo inventato un modello che potremmo esportare per quanto sia stato organizzato bene grazie ai nostri medici. Abbiamo fiducia nei nostri scienziati e nei nostri medici e infermieri, e i cittadini stessi, gli italiani da nord a sud, stanno dando una grossa mano rimanendo a casa. Però c’è anche chi non può farlo perché non ha una casa, come i 50mila italiani senzatetto, secondo l’ultimo rapporto Istat, che non sanno dove andare, perché pure i centri di accoglienza sono chiusi, le mense fanno mezzo servizio e c’è un altro allarme sottolineato da alcune Onlus che hanno comunicato il problema lanciando la campagna parallela a #iorestoacasa con l’hashtag #vorreistareacasa. Poi abbiamo #italiachiamò che è invece l’hashtag al quale stanno aderendo tutti i cittadini responsabili e grazie all’aiuto di tutti, al supporto di ciascuno di noi ce la faremo!

Nel frattempo, mentre c’è chi lavora da casa perché ce l’ha, chi studia, chi dà esami e si laurea via web, chi cucina senza sosta e chi riordina gli armadi pur di fare qualcosa, riscopriamo anche il piacere e la dignità del tempo libero, magari del silenzio. Compriamoci via web un bel libro, per esempio l’Elogio dell’Otium di Anselm Grün. Otium vuol dire essere capaci di fare silenzio, che è una attitudine tanto bella, quanto rara, elegante, raffinata, non è effettivamente una predisposizione di tutti. Poi in questo periodo c’è un eccesso di esperti in medicina, di dispensatori di consigli di ogni genere, di valenti competenti di virus e ovviamente ferrati provetti di politica. Invece abbiamo ricevuto un dono, assaporiamolo, impossessiamoci del piacere che ci da la possibilità dell’attesa, forse anche con i nostri cari e di contemplare un po di sano Otium.

@vanessaseffer

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Cisl Medici Lazio: coronavirus è emergenza anche per operatori sanitari

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La richiesta all’Assessore alla Sanità della Regione Lazio della Cisl Medici per scongiurare inutili rischi di contagio al personale medico ed infermieristico

 

Un momento di grave emergenza anche per la Regione Lazio quello determinato dal propagarsi del Covid-19, per il quale le istituzioni devono oltremodo vigilare anche a tutela di chi, con grande abnegazione, svolge la propria professione sanitaria. Infatti senza le opportune misure di prevenzione chi curerà i malati se il personale sanitario non fosse protetto adeguatamente?

“Allo scopo di limitare il rischio di possibile contagio tra paziente ed operatori sanitari e personale amministrativo di front office, la Cisl Medici Lazio chiede all’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, dott. Alessio D’Amato,  di valutare la possibilità di sospendere temporaneamente le prestazioni ambulatoriali specialistiche ritenute non urgenti sia a livello ospedaliero che territoriale”.

Così in un comunicato Luciano Cifaldi, segretario generale della Cisl Medici Lazio e Benedetto Magliozzi, segretario generale della Cisl Medici Roma Capitale/Rieti.

“La non ubiquitaria presenza di adeguate zone filtro e la aumentata esigenza di garantire le adeguate forniture di DPI agli operatori potrebbe suggerire di valutare anche la possibilità di non consentire altresì l’ingresso in ospedale fino ad almeno 30 minuti prima dell’orario di appuntamento per la prestazione e ciò allo scopo di ridurre i contatti fonte di potenziale contagio evitando promiscui affollamenti nelle sale di attesa di persone che seppure asintomatiche potrebbero essere in fase di incubazione.

Se ha un senso sospendere le attività scolastiche, congressuali, ludiche, dei cinema e dei teatri allora potrebbe avere un senso valutare la possibilità di rinviare le visite ambulatoriali differibili evitando di mantenere le persone a stretto contatto in ambienti spesso angusti.

Tutto ciò premesso continueremo a svolgere in pieno la nostra attività lavorativa” concludono i due sindacalisti della Cisl Medici.

@vanessaseffer

Da DailyCases

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