Le violazioni igienico-sanitarie negli ambienti pubblici che prevedono la presenza di cibo non solo nella ristorazione, ma anche fra i produttori, i confezionatori, i trasportatori, sono un numero davvero considerevole. I controlli in ristoranti pubblici, nelle mense o nei luoghi di lavoro connessi all’ospitalità delle persone, sono aumentati a dismisura negli ultimi anni. Le frodi alimentari, che ormai ci affliggono da decenni, sono sotto l’occhio del ciclone, ma finalmente l’opinione pubblica ne sta prendendo coscienza.
La vendita diffusa di prodotti sofisticati sembra essere all’ordine del giorno, prodotti come l’olio extravergine d’oliva, che pur di averne in quantità o di sembrare tale, viene diluito con olio di semi, per poi essere venduto sugli scaffali come olio evo al 100 per cento. Anche l’uso indiscriminato di sostanze coloranti o addensanti in certi alimenti per conservarli più a lungo, migliorarne l’aspetto, coprirne i difetti. Fare maquillage per carne, frutta, piatti pronti è una prassi. Questi e molti altri esempi potremmo farne con il latte, il pesce, la pasta fresca e così via fino a chiederci se le adulterazioni sono più dannose per la salute dei consumatori o per l’economia. Chi si occupa quotidianamente di controllare che sui territori in questi settori ciascuno faccia il proprio dovere sono i Nas, i Nuclei Antisofisticazioni Sanità dell’Arma, un’unità specializzata dei carabinieri istituita il 25 ottobre 1962 a seguito di un’intesa intercorsa fra il ministero della Salute, il ministero della Difesa e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, il cui compito è di “vigilare sulla disciplina igienica della produzione, commercializzazione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, a tutela della salute pubblica”.
Parliamo di questi temi con il Comandante dei Nas di Roma, Maurizio Santori.
Comandante Santori, quali sono le principali criticità che vi trovate ad affrontare quotidianamente?
I carabinieri dei Nas, nella duplice funzione di ufficiali di polizia giudiziaria e di ispettori sanitari, svolgono i compiti loro affidati su richiesta del ministro della Salute o dei Reparti dell’Arma territoriale, oppure su delega dell’Autorità Giudiziaria, a seguito di denunce o segnalazioni da parte dei cittadini e/o su notizie-informazioni acquisite sul territorio. I settori di intervento principali sono “Alimenti (e bevande)” e “Sanità”. Le criticità connesse al primo settore possono essere riconducibili sostanzialmente alle condizioni igienico-sanitarie non sempre adeguate, alla mancanza di tracciabilità, alle carenze strutturali ed infine alle violazioni normative in merito alle autorizzazioni necessarie. Nel campo della sanità il discorso si fa più complesso e articolato, ma cercando di essere sintetico le posso dire che i nostri sforzi maggiori sono indirizzati alle strutture sanitarie, socio assistenziali, di riabilitazione, case di cura accreditate, case di cura private, residenze sanitarie assistenziali, case di riposo private, studi ed ambulatori medici, laboratori di analisi cliniche ed alla farmacovigilanza in generale. Altri ambiti di intervento, in cui riscontriamo talvolta criticità, sono gli stabilimenti termali, i centri di estetica ed i laboratori di tatuaggi e piercing.
Agromafie e rischi per la salute. Oltre alla Guardia di finanza vi occupate anche voi di attenzionare le leve finanziarie, la logistica e lo smercio nei supermercati di proprietà di organizzazioni criminali, oppure il vostro compito è limitato al traffico di prodotti alimentari non originali o scaduti? E il consumatore inconsapevole, quanto è esposto al rischio di sofisticazioni alimentari?
Tra i compiti del Nas c’è sicuramente anche quello di cercare il più possibile di individuare quelle reti criminali che si insinuano nella filiera dell’alimento, dalla sua produzione al trasporto, alla distribuzione fino alla vendita e ancora alla somministrazione. La criminalità agroalimentare è una criminalità di impresa, che sfrutta le opportunità offerte dalla vulnerabilità dei mercati sensibili. Il business del falso “made in Italy” muove grossi interessi economici e coinvolge molteplici fattori della filiera alimentare parallela, ecco perché è fondamentale in questi casi anche la sensibilità del privato cittadino che può segnalare le anomalie che dovesse riscontrare sul territorio.
“Malasanità” è un termine abusato col quale identificare una varietà quasi infinita di situazioni. Ci dà una sua definizione del concetto di malasanità?
Il concetto di “malasanità” è ampio e dalle molteplici sfaccettature. Possiamo affermare che il primo aspetto possa essere riconducibile ad una prestazione sanitaria che ha dato esito nefasto per il paziente che l’ha subita (morte/menomazione/danno permanente). In secondo luogo, l’insieme delle strutture operative e delle professionalità che dovrebbero garantire uno standard di elevato livello ed invece talvolta si rivelano assolutamente insufficienti somministrando cure inutili, superflue o addirittura dannose. In ultima analisi, la distorsione del sistema con comportamenti che poco hanno a che fare con la qualità e l’efficienza, ma che sono anzi riconducibili a una vera e propria “mala gestio” (consapevole o meno).
Residenze sanitarie per anziani, abusivismo nell’assistenza. Cosa colpisce l’uomo Santori prima ancora del responsabile sul territorio della Capitale dei Nas dell’Arma?
Mi fa una domanda molto delicata. Ho l’onore di comandare un Reparto di professionisti del settore e, quando gli impegni istituzionali me lo consentono, mi unisco a loro nei controlli che quotidianamente sviluppiamo sul territorio (soprattutto in orario notturno) e dopo tanti anni posso assicurarle che ancora oggi sono due i momenti che più mi colpiscono dal punto di vista umano. Quando mi reco negli ospedali pediatrici e quando ho l’occasione di ispezionare le case di riposo per anziani. Nel primo caso senti un umano bisogno di fare di più per questi bambini, di impegnarti allo spasimo affinché abbiano una sanità che funzioni e che sia efficiente ed efficace. Nel secondo tocchi con mano la parabola della vita, che nell’ultimo periodo della nostra esistenza si trasforma in un percorso lento, inesorabile e dall’esito scontato. Questi settori sono molto delicati e la fragilità dei protagonisti è particolarmente avvertita da noi e da tutta l’Arma dei carabinieri in generale, da sempre vicina alle persone più deboli ed esposte.
I Nas sono visti come uno spauracchio da chi ha qualcosa da nascondere e dunque da temere. Per la parte sana del Paese siete visti come una immagine salvifica, il Settimo Cavalleggeri che suona la carica combattendo la corruzione nella sanità, le sofisticazioni alimentari, i farmaci artefatti. Come si sente lei fra queste due visioni?
Siamo contenti, vuol dire che il nostro lavoro è apprezzato. Quando partecipo ad eventi e/o seminari in cui ho l’opportunità di spiegare che siamo ispettori sanitari, ma siamo anche e soprattutto “carabinieri”, le persone mi osservano stupite. Spesso mi capita di rispondere alle domande elencando i nostri settori di intervento e mi piace sottolineare che proprio la nostra duplice dipendenza (funzionale) dal ministero della Salute e (gerarchica) dall’Arma dei carabinieri, ci consente di essere operativi e protagonisti sul campo nella doppia veste di ispettori ed investigatori, spesso e volentieri con il prezioso ausilio dei colleghi dell’Arma territoriale che ci affiancano nelle ispezioni congiunte.
La sanità fa notizia soprattutto per le cose che non vanno bene. Per la sua esperienza abbiamo motivi per essere ottimisti anche alla luce dell’articolo 32 della Costituzione?
Se i padri costituenti, dopo le elezioni politiche del 1946, hanno ritenuto opportuno inserire un articolo che prevedesse la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, non solo hanno dimostrato lungimiranza e sensibilità umana e politica, ma hanno in qualche misura certificato l’assoluta importanza della materia. Mi piace pensare che il diritto alle prestazioni sanitarie e della cosiddetta libertà di cura, in altre parole e molto più semplicemente il diritto di essere curato e/o di non essere curato sia un fattore “naturale” e non riconducibile ad un effetto normativo. È vero ciò che lei sostiene, la sanità fa notizia soprattutto per le cose che non vanno bene, tuttavia nella sanità italiana, come in altri settori nevralgici del Paese, non mancano le eccellenze sia dal punto di vista delle strutture sanitarie sia dal punto di vista delle professionalità mediche.
Indossare la divisa dell’Arma è un onore. Qual è oggi la sfida più grande per lei nello svolgimento dei suoi importanti e delicati compiti?
Sono un privilegiato da questo punto di vista, ne sono consapevole. Indossare questa uniforme rende orgogliosi, fieri e consapevoli che, per onorarla al meglio, serve esprimere quotidianamente il massimo delle proprie potenzialità. Insieme ai miei collaboratori cerchiamo di affrontare le nuove sfide con determinazione, perseveranza ed impegno. I settori di intervento sono molti e spesso molto delicati, le aspettative della gente sono molto alte nei nostri confronti, la sfida più grande è quella di garantire sempre e comunque lo stesso standard di risultati, anzi cercare sempre di migliorarlo, mettendo al servizio del cittadino le nostre professionalità, né più e né meno di ciò che fa ciascun carabiniere ogni giorno sul territorio nazionale.
@vanessaseffer
Il 13 dicembre ci sarà il workshop organizzato da FnomCeo per discutere l’ultima macroarea delle problematiche sulla questione medica che riguarda il lavoro. Ne parliamo con Ivan Cavicchi, esperto di politiche sanitarie e docente di Filosofia della Medicina a Tor Vergata. Ha scritto numerosi libri ed inneggia ad un “cambiamento” necessario nel settore della sanità pubblica, specialmente riguardante la figura di un nuovo medico, poiché c’è una crisi di questa figura così centrale nella vita di tutti noi che non risponde più alle necessità della società odierna, per cui come lui stesso ha detto, oggi abbiamo “una medicina scientificamente forte ma socialmente inadeguata”.
Il quattordicesimo Forum Risk Management della sanità tenutosi a Firenze si è affermato come sede per la diffusione di buone pratiche per la sicurezza del paziente, dove fare sintesi e dare sviluppo alle numerose proposte che sono state presentate e condivise dai numerosi ed illustri ospiti che hanno animato gli spazi della Fortezza da Basso. Quest’anno un titolo molto interessante: “La sanità che cambia. Equità di accesso, innovazione, sostenibilità. Professionisti sanitari e cittadini protagonisti del cambiamento” con un programma che si pone un ambizioso obiettivo, quello di dare un contributo al necessario cambiamento del Sistema sanitario nazionale obiettivamente a rischio, che non lascia fuori i veri protagonisti: i medici e i cittadini, veri fruitori dei servizi sanitari.
Le Rems, ossia Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, sono strutture residenziali con funzioni socio-riabilitative nelle quali alcuni autori di reato, nella fattispecie quelli affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi, su disposizione della magistratura, vengono accolti, quando una misura detentiva vera e propria a causa del loro stato di salute mentale non si può applicare, al fine di poter essere curati. La gestione interna dei pazienti che non possono definirsi detenuti, è di competenza esclusivamente sanitaria, poiché afferenti al Dipartimento di Salute mentale. Queste strutture sostituiscono i precedenti Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), che a loro volta sono subentrati alla chiusura dei ben noti manicomi chiusi con la legge Basaglia.
Sarà stato un caso che all’inizio del secolo scorso, mentre Sigmund Freud coniava il termine “psicanalisi” i fratelli Lumiere stavano inventando il cinema? Non si può negare che nei film spesso si indagano le difficoltà umane, gli aspetti più nascosti della personalità dei protagonisti e quindi della mente. Allora perché non usare il cinema come strumento di cura, dato che il rapporto tra il mondo della psiche e il cinema è così stretto? Il cinema dunque in questo modo è vicino alla mente umana non solo per esplorarne i meandri più oscuri, ma per mettersi al servizio di essa: diventa cinema-terapia, medicina d’immagini e suoni, che si fa di esso stesso cura e veicolo di guarigione. È ciò che ha pensato la professoressa Maria Antonietta Coccanari de’ Fornari, pioniera di questo progetto ben 25 anni fa presso la struttura del Policlinico Umberto I dove ha lavorato e dove ha insegnato per ben 35 anni. La sua passione è sempre stata l’arte. Ha scritto e studiato molto su questo filone umanistico. Quando ci si è accorti che la nuova psichiatria, dopo la Legge Basaglia, si muoveva sul recupero della qualità di vita della persona, attingendo anche dagli antichi manicomi modello dove c’era l’atelier, la pittura, la musica, i balli, la coltivazione dei fiori.
Quando ci si esprime in maniera irriguardosa, per di più davanti alle telecamere, nei confronti di un’intera popolazione è una cosa spiacevole. Se questo succede quando sei stato assessore e te lo fanno sicuramente notare, per cui il giorno dopo ti vedi costretto a scusarti pubblicamente, quanto pensi possano valere le tue scuse? Il nostro Paese sta attraversando un periodo di basso impero, e certe presenze sono la prova di tutto questo. La colpa è nostra, non c’è dubbio. Ci innamoriamo di progetti assurdi, per esempio del fatto che importare personalità straniere che possono gestire i nostri beni culturali meglio dei nostri intellettuali italiani sia più sano. Poi questi “sapientoni” arrivano ad insultarci in un momento in cui sono in preda, chissà forse dei fumi dell’alcol, o di qualche nervosismo, o dello stress, e tirano fuori cosa covano veramente verso di noi: odio! Nella migliore delle ipotesi: invidia!
Il fenomeno delle violenze in corsia, arrecate ai danni dei medici e degli altri lavoratori della sanità, all’interno dei Pronto Soccorso piuttosto che nei reparti di degenza, è in continuo aumento. La Cisl Medici Lazio ha chiesto, pertanto se, ai fini di garantire una efficace ed adeguata tutela della salute del personale medico che, nell’esercizio della propria attività professionale e all’interno del proprio ambiente di lavoro, subisce aggressioni o violenze, sia possibile riconoscere in capo al sindacato, quale ente portatore di interessi diffusi, la legittimazione ad una autonoma costituzione di parte civile nel processo penale.
Recentemente il Commissario straordinario della Asl Roma 5 Giuseppe Quintavalle ha presentato un nuovo modello di gestione delle liste di attesa per le prestazioni e di riorganizzazione dei servizi legati alle disabilità, da quelle logopediche a quelle cognitive a quelle fisiche. Il modello prevede, attraverso una piattaforma, una collaborazione attiva e costante con i privati e i privati accreditati che offrono gli stessi servizi sanitari e che rappresentano una risorsa aggiuntiva per i servizi sanitari al fine di arrivare ad una omogeneizzazione delle procedure e agende condivise all’interno di un più ampio intervento di sburocratizzazione. Un percorso di difficile attuazione sul quale non può essere tralasciato l’aspetto legato ad una migliore e maggiormente efficace informazione e comunicazione ai cittadini attraverso la redazione e la diffusione di guide dedicate elettivamente a questi servizi.
Troppo poco parliamo di disabilità, non ponendo l’attenzione sul modo di vivere disagiato di tanti nostri concittadini, sui luoghi di accoglienza, di terapia e riabilitazione. Ma anche di trasporto dei disabili. Avere la possibilità di viaggiare, di passeggiare per la propria città, di partecipare a eventi autonomamente senza scontrarsi con le numerose barriere architettoniche, è troppo spesso un sogno per chi non è autosufficiente. Ma dover fare la propria terapia quotidianamente nei luoghi deputati a farla è un diritto e non può diventare una gara ad ostacoli o addirittura un incubo.
Proseguiamo con la seconda parte dell’intervista esclusiva che ci ha rilasciato il Presidente dell’Ira (