Oggi pomeriggio sono stata al Senato con le signore di “se non ora quando” per il voto sulla parità di genere nelle prossime liste elettorali

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Oggi pomeriggio sono stata al Senato insieme ad altre 39 signore di “se non ora quando?” per assistere al voto degli esimi senatori sul diritto delle donne ad essere presenti nelle prossime liste elettorali per le prossime elezioni, paritariamente.. insomma un argomento che atterriva una parte dei senatori uomini, specialmente il sen. De Lillo, avreste dovuto sentirlo.. A me piacerebbe rincontrarlo, avrei qualche cosa da dirgli faccia a faccia. Sono davvero preoccupata per lui e per le sue reazioni, perbacco, che cosa deve essergli capitato da piccolo? Anche Giovanardi comunque mi ha lasciato basita con il suo discorso senza capo nè coda, le motivazioni che ha portato a sostegno della sua tesi erano pietose. Insomma, le donne fanno paura. Lo sapevamo già comunque! (Anna Finocchiaro e la Poli Bortone sono di un livello superiore.. quest’ultima in 3 minuti di discorso li ha messi a tacere con una classe – che godimento – mi è costato l’espulsione dall’aula – non posso esaurire così in poche misere righe)  che bel pomeriggio!

Vanessa

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Non se ne può più di “unti del Signore”, di “illuminati”, di “leader”.

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Non se ne può più di “unti del Signore”, di “illuminati”, di “leader”.
In questa fase servirebbe solo un “partito”, nell’accezione leninista del termine, un’elìte di persone coraggiose, cioè, che coaguli intorno a sè altre persone realmente determinate a cacciare gli attuali “papponi” che hanno sporcato la politica. Insomma, in questa fase storica di post-democrazia, le regole democratiche rischiano di essere un abominio, perchè finora hanno generato solo dei mostri, che non intendono – perchè non sanno fare altro – abbandonare il tavolo apparecchiato dal quale continuano a prendere a più non posso (Fiorito e gli altri, come i Lusi, i Penati, i Papa, ecc. continuano a percepire i loro compensi, anche stando in galera). Per questo bisogna intervenire con urgenza.
Le elezioni, quindi, saranno di sicuro una farsa, quale che sia il sistema elettorale adottato e non serviranno ad altro che a riproporre i soliti noti (vedi in Sicilia) o qualche loro simulacro. Le soluzioni della crisi attuale (che non è solo economica), invero, sono di lungo periodo e coerenti con scelte internazionali: in breve c’è solo da salvare la pagnotta alle ns famiglie, pretendere il lavoro per i giovani e chi lo ha perso nel cuore della sua vita produttiva, e mandare in galera i corrotti (e i corruttori), gettando la chiave a tempo indeterminato.
Attualmente questa “elìte” cui affidare il compito della “salvezza della Patria” sembra coincidere con i “tecnici”, o con i “magistrati”, o con la c.d. “società civile”: quest’ultima, però, è soggiogata dal populismo di quattro pagliacci e non basta certo l’autodefinizione di “società civile” per far recuperare una verginità a dei cialtroni che vedono solo e soltanto nell’attività “politica” la scorciatoia per il raggiungimento dei loro interessi.
Gli altri soggetti, i tecnici e i magistrati, sono però “etero-diretti” (cioè rispondono a soggetti esterni) e, probabilmente, non sempre veramente trasparenti (Passera, ha “ammollato” i guai dell’Alitalia alla collettività , salvando il bilancio di BancaIntesa e, dall’alto dei suoi compensi, pontifica su “sacrifici” che lui e i suoi non hanno mai fatto).
Purtroppo tutto questo serve a poco, se non a indirizzare la rabbia (o l’indignazione) verso obiettivi minori e, soprattutto a servire da massa di manovra per qualche avventuriero senza arte nè parte.
Quindi delle due l’una, o si ritorna al “Papa Re” (a me Benedetto XVI piace più di GP2°), affidando le sorti dell’Italia alla “compassione di Dio”; ovvero, non resta che impugnare le armi, quelle della “ragione” e della “cultura” ovviamente, e promuovere una campagna di disprezzo verso la classe politica attuale.
Sogno, quindi, una maggioranza silenziosa, senza sentimentalismi e moralmente ineccepibile, che invada le piazze italiane con liste di proscrizione pubbliche, nelle quali inserire i “pennivendoli” di regime e che pretenda una sola cosa: “andatevene a casa” e non rompeteci più i c…
Ovviamente è solo un sogno, al momento, la realtà è di un lunghissimo periodo oscuro di rinunce e di fatica. Ma chissà!

 

Vanessa Seffer

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SICILIA: Elezioni. La crisi regionale alla luce del vuoto programmatico

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di Enzo Coniglio

 

Fra un mese andremo alle elezioni e dovremo selezionare 90 rappresentanti tra i candidati di 47 liste oltre naturalmente il nuovo Presidente tra pochi Kapò ben noti ai più, almeno di nome (in ordine alfabetico): Giancarlo Cancelleri del Movimento 5 stelle; Rosario Crocetta sostenuto dal PD e dall’UDC; Cateno De Luca di Rivoluzione siciliana; Giacomo Di Leo del PC dei lavoratori; Claudio Fava sostenuto da IDV, SEL, Federazione della Sinistra e Verdi; Mariano Ferro leader storico del Movimento dei Forconi; Davide Giacalone per Ali alla Sicilia; Giancarlo Miccichè in rappresentanza di Grande Sud e del Partito dei Siciliani; Nello Musumeci sostenuto da PDL, PID e La Destra; Roberto Saureborn vincolato alla Unione democratica per i consumatori e Noi Sicilia – Movimento anti Equitalia e infine Gaspare Sturzo con il nuovo movimento Italiani Liberi e forti.

 

Si tratta sostanzialmente delle forze politiche presenti sul territorio prima della crisi costretti a coalizzarsi per poter più facilmente superare la sfida elettorale; coalizioni che hanno un senso in termini di vecchie ideologie ma che non hanno molto senso alla luce della complessa e tragica realtà siciliana attuale.

 

A noi Siciliani quello che dovrebbe interessare realmente è analizzare a fondo il programma effettivo che questa destra intende realizzare per la Sicilia nei singoli settori. Certamente abbiamo una grande fiducia in Nello Musumeci, nella sua etica e nella sua lunga esperienza politica ma nonbasta. Avremmo voluto esaminare un programma che purtroppo non esiste ad eccezione di alcune indicazioni generiche.

 

Le cose vanno un poco meglio nella cosiddetta Sinistra dove Rosario Crocetta ha presentato delle linee guida  interessanti anche se ancora troppo generiche per potersi chiamare “programmi effettivi,strutturati in obiettivi, risorse e impieghi”. In quest’area, la criticità maggiore risiede nell’alleanza tra il PD che occupa certamente l’area di centro-sinistra e un UDC che giura e spergiura che non andrà mai a sinistra e che la sua vocazione è l’area del centro. Ma allora perchè si allea con con il PD in Sicilia mentre rigetta la stessa alleanza a livello nazionale? Si ha l’impressione che si tratti di un “matrimonio di convenienza” che potrebbe non reggere alla luce delle alleanze decise fuori dai confini siciliani e da noi molto spesso subiti.

 

Ma le cose non vanno meglio nell’area del centro rappresentato dal Grande Sud e dall’ex MPA, oggi denominato Partito dei siciliani. Si tratta di un’area di centro dimezzata e azzoppata che non ha certo brillato fino ad ora per le proposte programmatiche. Ha tutta l’area di essere un centro – destra e allora in questo caso non si capisce perchè non si è alleata con Nello Musumeci. O meglio, si capisce fin troppo bene!

 

La sinistra coagulata attorno alla personalità di Claudio Fava non è più omogenea delle altre aree se si considerano le notevoli tensioni esistenti e non risolte tra SEL e IDV.  E potremmo continuare ma ci fermiamo qui perchè appare ormai evidente che in questi mesi non si è proceduto a realizzare un confronto duro se volete ma a tutto campo che interessasse i diversi settori con il preciso impegno di superare le numerose criticità incontrate.

 

Troppa area trita e ritrita!  Cosa c’è da aspettarsi da questa situazione? il persistere e il rafforzarsi dell’errore fatto nel passato e che consiste non nel confrontarsi sui programmi e sull’ elaborare dei progetti.

 

Al contrario. Si continua a unirsi o a scontrarsi sulle personalità, sui polli presenti nel grande pollaio siciliano e non sulle cose da fare.

 

E questo i Siciliani di destra, di sinistra o di centro, non lo possono più tollerare perchè significherebbe condannare definitvamente alla miseria i propri figli e rimanere subalterni di un Nord che non ha cambiato affatto il proprio atteggiamento verso il Sud.  Facciamo uno sforzo quindi per mantenere la coerenza politica delle nostre idee ma nello stesso tempo smussiamo il più possibile gli angoli; ampliamo le nostre alleanze e soprattutto confrontiamoci non all’interno dei partiti morti e sepolti, ma nelle istituzioni vive e vibranti della nostra società civile sulle proposte concrete da adottare tutti insieme nell’interesse dei nostri figli che non sono nè di destra, nè di centro, nè di sinistra; che non sono i figli di Musumeci, di Miccichè, di Bersani, di Casini o di Crocetta. Sono i nostri figli luminosi come tutti i colori dell’arcobaleno.  Questo ci impone la durissima realtà di oggi, il nostro senso etico e morale e il buon senso del padre di famiglia.

 

Purtroppo si tratta soltanto di un sogno che non potrà diventare realtà nel breve e medio periodo a causa di una supponenza ed ignoranza che non si fermano neppure di fronte alla tragedia che stiamo riservando ai nostri figli.

 

E questa è la vera tragedia che caratterizza la nostra Isola da troppo tempo: vivere nel nulla e per il nulla. E così sia!

Da SiciliaInformazioni del21/9/2012

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I PROCESSI DI CAMBIAMENTO LUNGHI E ACCIDENTATI. Le provocazioni occidentali, le violenze islamiche e le strumentalizzazioni

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Di Enzo Coniglio.

L’uccisione di Christopher Stevens, ambasciatore americano a Bengasi, costituisce un duro colpo al processo di riappacificazione tra Stati Uniti e mondo arabo – islamico, iniziato dal Presidente Barack Obama con il suo famoso discorso del Cairo del giugno del 2009, durante il quale aveva promesso un dialogo aperto e costruttivo con tutto il mondo arabo e islamico.

Una uccisione che, a prima vista,  lascia sbalorditi per la scelta della vittima: un diplomatico di grande levatura morale e professionale che si era fatto paladino convinto delle nuove istanze rappresentate dalle “Primavere mediterranee”, che conosceva la lingua e la cultura araba come pochi diplomatici presenti nell’area, leggeva e meditava costantemente sul Corano , aperto al dialogo e al confronto a tal punto da non avere voluto dotare l’ambasciata americana con le imponenti misure di sicurezza di cui sono normalmente dotati.

Eppure è stato scelto lui come vittima sacrificale in questo 11 settembre 2012 e non a caso. Certamente la causa, o sarebbe meglio dire, il pretesto che sta incendiando il mondo arabo è il film scriteriato di un signore che diceva di essere ebreo e di chiamarsi Sam Bacile e che invece risulta essere un cristiano di tradizione copta, Nakoula Basseley che vive con la moglie e tre figli nella località di Cerritos in California, prelevato dalla polizia durante la notte dalla sua residenza per essere interrogato con tutte le precauzioni del caso. Sembra abbia commesso in passato numerose truffe finanziarie e contraffatto dei farmaci; sarebbe stato condannato in passato a 21 mesi di prigione e al rimborso di 790 mila dollari.

Si tratta di un film che il Presidente Obama e il Segretario di Stato Hillary Clinton hanno ritenuto “ripugnante e riprovevole” nei contenuti, senza mezzi termini, lontano anni luce dalle loro convinzioni e dalla loro politica estera e per il quale non hanno esitato a chiedere scusa al mondo arabo e islamico trattandosi di un film comunque girato in due set di Hollywood, in California, ingannando sia la troupe che gli attori ai quali era stato fatto credere che il titolo del film fosse: “Il guerriero del deserto”  invece di “The Innocence of Muslims”, distruttore dell’imagine del profeta Maometto e del suo popolo. Il manager responsabile del finanziamento del film per 5 milioni di Euro, viene indicato in Steve Klein, un veterano della guerra del Viet-Nam, molto vicino a gruppi estremisti cristiani come “Christian Guardians” che aveva suggerito di arruolare il reverendo Terry Jones, noto tristemente in tutto il mondo per aver preteso di organizzare un grande rogo con le copie del Corano.

La domanda che viene spontanea porsi in questo caso è come sia possibile che l’azione sconsiderata e scriteriata di un gruppo sparuto di persone dalla morale e dalla professionalità di bassissimo livello, possa dar vita ad una rivolta brutale e sanguinaria che ha già fatto 8 morti e centinaia di feriti in Paesi importanti come la Libia, la Tunisia, il Libano, l’Arabia Saudita, lo Yemen,il Sudan, l’Iraq, l’Iran, l’Afghanistan, il Bangladesh e nello stesso Egitto a tal punto da mettere in forse il radicale processo di cambiamento avviato dalle Primavere arabe durante il 2011.

L’effetto appare a prima vista del tutto sproporzionato alla causa scatenante e lo è. Vale quindi la pena cercare di andare a fondo nell’analisi dell’intricata vicenda che rassomiglia molto alla mitica apertura del millenario “vaso di Pandora”nato appunto in quelle coste mediterranee e medio orientali.

La prima considerazione riguarda il diritto di un privato cittadino americano o assimilato di poter esprimere in ogni caso il proprio pensiero, indipendentemente dalla qualità dello stesso e dagli effetti che possa produrre anche se di dimensioni devastanti, nel rispetto del famoso “first emendment” della costituzione americana radicata nella cultura americana che assicura la libertà illimitata di opinione, di espressione e di pubblicazione (free speech).

Ed è grazie a questa profonda convinzione e a questa norma costituzionale che non è stato ancora possibile eliminare dal mercato mediatico tale film, prodotto-mostruoso,  e non sarà facile. Le implicazioni macroscopiche di questo “principio assoluto” lo si sono comprese nel botta e risposta tra il Presidente Barack Obama che ha chiesto al Presidente dell’Egitto, Mohamed Morsi di difendere le sedi diplomatiche, il personale e gli interessi americani. Si è sentito rispondere che era sua intenzione di farlo come lo farebbe per qualunque Paese accreditato ma che nello stesso tempo chiedeva a Barack Obama di impedire gli oltraggi gratuiti e le falsità chiaramente mistificanti e strumentali contro il Profeta Maometto e la grande cultura di un popolo: quello arabo e islamico.

Il Presidente Mohamed Morsi ha assolutamente ragione a ricordare agli Stati Uniti e all’Occidente che accanto alla libertà di espressione esiste il dovere alla responsabilità per quanto si dice e si fa: tra pensiero, azione e gli effetti devastanti verso terzi; esiste un rapporto essenziale tra libertà e responsabilità: responsabilità che non è altrettanto protetta e statuita nei suoi confini naturali dalla legislazione americana e occidentale.

In nome della libertà di espressione non posso in alcun caso calunniare, falsare l’immagine di una persona o peggio ancora infangare gratuitamente un popolo, la sua cultura e la sua religione. Un assurdo ancora più evidente in un Paese come gli Stati Uniti che protegge con leggi rigorose e con multe salatissime la violazione di un prodotto commerciale materiale quando ha dei risvolti finanziari. Ma non si può certo ridurre tutto alla difesa della finanza e lasciar fuori, del tutto indifeso, il grande patrimonio millenario di interi popoli dalla ignoranza brutale e strumentale di inqualificabili personaggi e gruppi politici o religiosi.

La libertà di espressione e il dovere della responsabilità verso le singole persone e i popoli sono due principi che devono essere affermate, salvaguardate, protette e armonizzate.

La seconda considerazione riguarda il rapporto tra la furia scatenata in questi giorni e le Primavere mediterranee e medio orientali ricordando che nei fenomeni che hanno caratterizzato la nascita di quei movimenti non c’era alcuna traccia di antiamericanismo, neppure in piazza Tahrir; nè quelle espressioni sono state caratterizzate come “fenomeni religiosi” o ispirate al Corano o ad altri movimenti religiosi o ideologici. Si sono caratterizzate come movimenti popolari a maggioranza giovanile che chiedevano l’allontanamento dei “dittatori” e una maggiore partecipazione alla gestione della cosa pubblica prescindendo dal credo religioso o ideologico. In una parola mai banale, si trattava di una richiesta di partecipazione democratica in Paesi che non hanno quasi mai goduto di tale status, espressa in maniera quasi sempre pacifica che ha imboccato l’arma di internet invece di un potente bazooka.

A distanza di un anno,la musica sembra cambiata con l’affiorare di movimenti rivoluzionari ad ispirazione religiosa che pretendono di diventare egemoni e che potrebbero mettere in forse alcuni obiettivi qualificanti di quelle Primavere. E in un certo senso era da aspettarsi qualcosa del genere come è successo in fondo nel nostro occidente: dopo la rivoluzione francese, è seguito l’impero napoleonico e la restaurazione. Solo dopo 30 anni è stato possibile riprendere con forza ma con tanto spargimento di sangue,  gli ideali della rivoluzione francese e cambiare l’organizzazione politica statuale in oltre due secoli di battaglie e di guerre nazionali e mondiali.

I processi di cambiamento sono lunghi e accidentati e non possono certo ignorare il substrato culturale e religioso dominante.Non c’è quindi da meravigliarsi se in questo ultimo anno i movimenti e i partiti islamici si siano riorganizzati, pronti a scendere in campo e a conquistare il potere: dai Fratelli Musulmani ormai al potere nel nuovo Egitto; ai movimenti Salafiti sempre più presenti in tutta la regione; alle diverse frazioni del gruppo storico di Al Qaeda che ormai opera nei singoli Paesi con piccoli gruppi, ben addestrati e determinati ad imporsi.

Ma c’è una terza considerazione da fare altrettanto inquietante. Ma perchè una esplosione così vasta e generalizzata contro gli Stati Uniti risparmiati dalle Primavere mediterranee?

Possiamo immaginare due ordini di risposte. La prima è connessa al fatto che dopo il discorso di Barack Obama del giugno del 2009 che prometteva un dialogo costruttivo con il mondo arabo, si è fatto ben poco e soprattutto il problema degli insediamenti ebraici in territorio palestinese  e la creazione di uno stato palestinese accanto ad uno stato ebraico che mettesse fine ad una delle pagine più tristi della nostra storia, non hanno trovato alcun seguito positivo malgrado le precise promesse di Obama in tal senso.

La seconda riguarda un ulteriore peggioramento della situazione finanziaria ed economica dei Paesi dell’area del Mediterraneo e Medio oriente a causa della persistenza della crisi che ha tratto origine proprio negli Stati Uniti ed è poi dilagata in un mondo globalizzante e asservito agli interessi economici e di sviluppo sociale sotenibile che non sono certo quelli dei popoli arabi, se si escludono le loro élites che invece continuano a trarne enormi profitti. E’ quindi comprensibile che nell’immaginario collettivo, più o meno cosapevolmente, si sviluppi un certo risentimento verso gli Stati Uniti anche se non necessariamente contro l’attuale amministrazione, particolarmente apprezzata in ambienti qualificati, almeno per gli sforzi che ha saputo fare per invertire la rotta e di cui Chris Stevens era un protagonista di primo piano e quindi doveva essere “punito” per ritornare alla vecchia logica della contrapposizione voluta dai gruppi radicali islamici.

Ma, ultima considerazione, andava punito in casa lo stesso Barack Obama che aveva fatto della politica estera il proprio “fiore all’occhiello” e che appoggiava le primavere arabe e il difficile processo verso una democrazia condivisa? Non ci sarebbe quindi da meravigliarsi se si venisse a scoprire, andando a fondo, che dietro a questa produzione cinematografica e a questo incendio si nascondano interessi di casa americana relazionati alle prossime elezioni americane.

Ci auguriamo di no. Sarebbe una delusione troppo forte e insopportabile per chi ha vissuto con l’deale di una America che, malgrado tutto, costituisce ancora un faro di libertà e di speranza, attraverso i suoi figli migliori come Barack Obama e Chris Stevens”.

 

Da SiciliaInformazioni del 16/9/2012

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