Vanessa Seffer

Vanessa Seffer

Covid-19, nella confusione sfuggono i tamponi a tutti i sanitari

Covid-19, nella confusione sfuggono i tamponi a tutti i sanitariDifficoltà un po’ ovunque nel reperire e gestire i dispositivi di protezione individuali da adottare nel caso del Covid-19 e per ogni tipo di patologia infettiva diffusa in modo epidemico: mascherine chirurgiche, mascherine Fpp2 e Fpp3, occhiali, guanti e camici monouso, disinfettanti liquidi e kit di isolamento monouso. Tutto materiale costoso che deve essere utilizzato in maniera corretta ed appropriata. Sperando che i fabbisogni siano soddisfatti ora che stiamo ricevendo aiuti dalla Cina, dalla Russia, da Cuba, e che qualche Paese europeo sta dando piena dimostrazione di egoismo da autotutela dopo avere accusato l’Italia di spinte sovraniste.

E speriamo che i Dpi non vadano esauriti e che non esca per decreto l’affermazione della non trasmissibilità degli agenti patogeni virali perché alla fine sarebbe imbarazzante, non tanto per noi creduloni che pensiamo ancora di avere un Governo che tutela gli italiani, quanto per la memoria di quegli scienziati che hanno preso il Premio Nobel a coronamento – ops mi è scappato un “corona” – delle lunghe e faticose ricerche. Gente tipo Alexander Fleming che, ovviamente, mai sarebbe stato chiamato quale componente di una unità di crisi costituita a seguito di una epidemia. O meglio, forse sarebbe stato chiamato, ma solo se in quota a qualche partito di maggioranza. Intanto, però abbiamo notizia che molte Asl sono state diffidate perché ai medici e agli infermieri mancano le dotazioni per gestire l’emergenza.

Notizie del genere sono pesanti da digerire. Non tanto per le diffide quanto per l’elevato rischio degli operatori sanitari di dover combattere il nemico stando in prima linea senza mezzi pienamente adeguati. E senza volere contribuire alla confusione ormai sembra finalmente appurato che l’uso delle semplici mascherine chirurgiche non può rappresentare dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e ciò a prescindere dalla presenza o meno del marchio CE.

Questa certezza era stata rappresentata ormai molti giorni fa in una nota dei segretari della Cisl Medici del Lazio e di Roma Capitale che avevano posto l’interessante quesito dopo il decreto Gualtieri discordante sull’argomento che certamente non andava in senso migliorativo, rispetto alla bozza della sera precedente. E subito diceva Idomeneo al nobile Nestore: “Un medico, lo sai bene, vale tanti uomini quando c’è da estrarre frecce e spalmare balsami che leniscono gli spasmi” (Iliade, canto XI). Ora chiediamo: a quando i tamponi a tutto il personale sanitario?

 @vanessaseffer

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Covid-19: ancora tutti in giro appassionatamente?

Covid-19: ancora tutti in giro appassionatamente? A Wuhan hanno isolato tutto, vietato la circolazione di 56 milioni di persone in pochissimo tempo, in un battito di ciglia. Noi siamo 60 milioni in tutto il Bel paese. Qualcuno direbbe subito che lì c’è la dittatura. Io adesso preferisco pensare che talvolta ci può essere un rapporto di collaborazione fra la popolazione e chi ha il polso della situazione e non capisce niente di medicina, come di politica, e invece pensa di poter fare come gli pare e dire di tutto, parlare di tutto senza avere nozioni di scienza, senza studiare, solo per sentito dire o per entità divina.

Da noi sembra non esserci una cultura sufficiente per poter applicare a tutti gli effetti certi schemi democratici, dato che se il tuo governo dice di stare a casa per causa forza maggiore non ci stai e te ne freghi bellamente. Ti piaccia o no, di destra o di sinistra, manca la decenza e il rispetto per l’autorità, quello che ti insegnano quando sei piccolo, quando ti dicono di stare fermo seduto a tavola e non ci si alza fino a quando non hanno finito tutti di mangiare e saranno papà o mamma a darti il permesso di andare. Il permesso, che non è dittatura, ma buona educazione e direi addirittura un concetto più ampio di libertà. Perché se pensi che la tua libertà sia quella di poter fare ciò che vuoi, danneggiando, inquinando, rovinando la salute degli altri e dunque limitando l’altrui libertà, la tua è ignoranza e stupidità.

Punire a questo punto è l’unica opportunità possibile, limitare la libertà, far pagare un prezzo. Così, che differenza c’è fra quello che avremmo potuto essere e quello che diventiamo dopo? La differenza sono i morti, il tempo sprecato, la rabbia. Il dover ricominciare tutto per degli stolti e degli ignoranti. Fermiamoli prima.

@vanessaseffer

Coronavirus: non dobbiamo stare “vicini vicini”

“Salva una vita e sei un eroe, salva cento vite e sei un medico o un infermiere”.

Il Paese si ferma, ma non può permettersi di farlo totalmente. Il 90 per cento del paese produttivo si immobilizza, ma il 10 per cento che continua a muoversi lo fa per sostenere l’altro 90 che non può e soprattutto non deve. Come la filiera dell’agroalimentare, chi coltiva, mette nelle cassette, nelle buste e trasporta fino ai nostri supermercati la nostra frutta, la verdura, le carni, le uova e quanto necessita per la nostra sopravvivenza, anche per tutta quella filiera che porta strumenti alla medicina, agli ospedali, che decisamente non può fermarsi. I medici, gli infermieri, il personale sociosanitario, che non conoscono la differenza fra il giorno e la notte, fanno turni di due o tre giorni consecutivi, a volte con pochi minuti di riposo. Non hanno mai pensato di fermarsi, non è nel loro Dna.

Gli italiani hanno finalmente capito l’importanza di fermarsi, si sentono parte di un progetto comune di rinascita, nonostante la preoccupazione reale di un tracollo economico per il Paese, della difficoltà che avrà nel rialzarsi. Insieme ce la faremo, questo è il mantra, però è più importante superare sta nuttata. Se restiamo a casa ci proteggiamo noi ma proteggiamo gli altri, ci sentiamo altruisti. Non intasiamo gli ospedali, le strade, evitiamo di contagiarci ulteriormente e di protrarre e allargare le dimensioni del contagio di questa influenza modificata. La catena di solidarietà ci unisce tutti per una volta, non ha un dialetto, una distinzione climatica, vede le montagne, i laghi e il mare, ha sapore di pastiera, di bagna càuda, di caponata e canederli. Adesso vengono prodotte e distribuite decine di milioni di mascherine, non eravamo abituati a vedere questi presidi medici se non in certi settori della medicina, come la chirurgia, l’oncologia, oppure dell’industria alimentare, perché non erano necessari. Non avevamo bisogno di tante terapie intensive, invece oggi si, e abbiamo dovuto imparare a far fronte a necessità improvvisando strutture e ospedali da campo e reclutando medici appena laureati e infermieri appena formati.

In Italia abbiamo definito meccanismi di contrasto al contagio prima di altri Paesi che sono decisamente indietro, che continuano ancora oggi a non prendere sul serio la situazione. Abbiamo inventato un modello che potremmo esportare per quanto sia stato organizzato bene grazie ai nostri medici. Abbiamo fiducia nei nostri scienziati e nei nostri medici e infermieri, e i cittadini stessi, gli italiani da nord a sud, stanno dando una grossa mano rimanendo a casa. Però c’è anche chi non può farlo perché non ha una casa, come i 50mila italiani senzatetto, secondo l’ultimo rapporto Istat, che non sanno dove andare, perché pure i centri di accoglienza sono chiusi, le mense fanno mezzo servizio e c’è un altro allarme sottolineato da alcune Onlus che hanno comunicato il problema lanciando la campagna parallela a #iorestoacasa con l’hashtag #vorreistareacasa. Poi abbiamo #italiachiamò che è invece l’hashtag al quale stanno aderendo tutti i cittadini responsabili e grazie all’aiuto di tutti, al supporto di ciascuno di noi ce la faremo!

Nel frattempo, mentre c’è chi lavora da casa perché ce l’ha, chi studia, chi dà esami e si laurea via web, chi cucina senza sosta e chi riordina gli armadi pur di fare qualcosa, riscopriamo anche il piacere e la dignità del tempo libero, magari del silenzio. Compriamoci via web un bel libro, per esempio l’Elogio dell’Otium di Anselm Grün. Otium vuol dire essere capaci di fare silenzio, che è una attitudine tanto bella, quanto rara, elegante, raffinata, non è effettivamente una predisposizione di tutti. Poi in questo periodo c’è un eccesso di esperti in medicina, di dispensatori di consigli di ogni genere, di valenti competenti di virus e ovviamente ferrati provetti di politica. Invece abbiamo ricevuto un dono, assaporiamolo, impossessiamoci del piacere che ci da la possibilità dell’attesa, forse anche con i nostri cari e di contemplare un po di sano Otium.

@vanessaseffer

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Cisl Medici Lazio: coronavirus è emergenza anche per operatori sanitari

 

La richiesta all’Assessore alla Sanità della Regione Lazio della Cisl Medici per scongiurare inutili rischi di contagio al personale medico ed infermieristico

 

Un momento di grave emergenza anche per la Regione Lazio quello determinato dal propagarsi del Covid-19, per il quale le istituzioni devono oltremodo vigilare anche a tutela di chi, con grande abnegazione, svolge la propria professione sanitaria. Infatti senza le opportune misure di prevenzione chi curerà i malati se il personale sanitario non fosse protetto adeguatamente?

“Allo scopo di limitare il rischio di possibile contagio tra paziente ed operatori sanitari e personale amministrativo di front office, la Cisl Medici Lazio chiede all’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, dott. Alessio D’Amato,  di valutare la possibilità di sospendere temporaneamente le prestazioni ambulatoriali specialistiche ritenute non urgenti sia a livello ospedaliero che territoriale”.

Così in un comunicato Luciano Cifaldi, segretario generale della Cisl Medici Lazio e Benedetto Magliozzi, segretario generale della Cisl Medici Roma Capitale/Rieti.

“La non ubiquitaria presenza di adeguate zone filtro e la aumentata esigenza di garantire le adeguate forniture di DPI agli operatori potrebbe suggerire di valutare anche la possibilità di non consentire altresì l’ingresso in ospedale fino ad almeno 30 minuti prima dell’orario di appuntamento per la prestazione e ciò allo scopo di ridurre i contatti fonte di potenziale contagio evitando promiscui affollamenti nelle sale di attesa di persone che seppure asintomatiche potrebbero essere in fase di incubazione.

Se ha un senso sospendere le attività scolastiche, congressuali, ludiche, dei cinema e dei teatri allora potrebbe avere un senso valutare la possibilità di rinviare le visite ambulatoriali differibili evitando di mantenere le persone a stretto contatto in ambienti spesso angusti.

Tutto ciò premesso continueremo a svolgere in pieno la nostra attività lavorativa” concludono i due sindacalisti della Cisl Medici.

@vanessaseffer

Da DailyCases

Mascherine: il decreto Gualtieri è peggiore della bozza

 

Mascherine: il decreto Gualtieri è peggiore della bozza

Questa storia delle mascherine la chiarisce bene il professor Walter Ricciardi, componente del comitato esecutivo dell’ Oms, in più interviste, dicendo come e perché vanno usate e chi dovrebbe proteggersi, facendo una distinzione molto precisa fra queste a seconda dell’esigenza reale. Interessante la differenza fra le classi FFP2 ed FFP3, dove FF sta per “facciale filtrante”. Così scopriamo che P2 filtra al 92% e P3 filtra al 98%.

Questi dispositivi di protezione non vanno utilizzati in assenza di sintomi di malattie respiratorie. Invece i magazzini dei grandi distributori sono vuoti a causa di chi ne ha fatto incetta e non ne aveva davvero bisogno. Chi ne fa le spese sono certamente i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, perennemente a contatto con l’utenza che arriva in ospedale e senza questi coadiuvanti a norma, il rischio di contagio è elevatissimo.

Chi ci curerà se si ammalano i nostri sanitari? Quanti di loro hanno contratto il coronavirus? Temendo la crisi economica ecco che la si butta in caciara. Dapprima emergenza zero, poi emergenza mite e poi emergenza rossa. Abbiamo dato il triage all’intero paese. Il governo ha subito giustamente parlato di precauzioni, di lavarsi bene le mani e quindi di mascherine, purché avessero il marchio CE, ma allora era solo una bozza del Decreto. Adesso arriva il Decreto sul quale è scritto che si possono indossare mascherine anche senza il marchio CE.

Siamo un po confusi. Sarebbe come dire che possiamo comprare i giocattoli per i bambini, le stoviglie, i cosmetici, ogni cosa senza quel marchio, tanto improvvisamente non fanno più male alla salute. Se la mascherina senza marchio CE in tempo di coronavirus non è così fondamentale, allora varra’ presto per tutto il resto. Brutto precedente, che peserà sulla salute di tutti noi.

Non crediamo che basti un Decreto ministeriale per abbassare l’asticella dei rischi di contagio. Fino a ieri terrorismo mediatico e oggi per proteggersi bastano i fazzolettini da naso profumati?

Se un medico o un infermiere che ha usato una mascherina non a norma CE si dovesse ammalare e poi morisse, cosa succederebbe dopo? Come minimo i familiari si rivolgerebbero alla Corte di Strasburgo. Non é un caso che il Consiglio dell’UE ha istituito il marchio nel 1993, a tutela della salute, cui l’Italia ha aderito.

Un passaggio di Safety di Assosistema, che rappresenta in Confindustria il settore di produzione e distribuzione di questi dispositivi di protezione individuali (DPI) e collettivi, riporta: “Quando è necessaria la protezione del personale sanitario si deve utilizzare un DPI ed indossarlo correttamente, avendo cura di seguire le istruzioni del fabbricante e verificando la tenuta della maschera al volto dell’operatore. Questo è fondamentale per garantire la protezione, dato che anche il dispositivo più sofisticato indossato in maniera non corretta, non serve a nulla”.

Abbiamo già assistito, in un vortice di confusione iniziale, a quanto era stato detto a proposito della situazione in Lombardia: “una gestione di una struttura ospedaliera non del tutto propria secondo i protocolli prudenti che si raccomandano in questi casi, e questo ha contribuito alla diffusione”. Poi il premier Conte ha fatto marcia indietro, ha capito che nei confronti della categoria dei medici era andato giù pesante.

Se noi abbiamo conoscenza di un certo numero di italiani che hanno contratto il virus è certamente perchè abbiamo disposto gli strumenti per fare i tamponi, dispiegato forze mediche ed infermieristiche che hanno effettuato i controlli a tappeto e quindi sono stati trovati e curati, perchè ricordiamolo sempre, che di coronavirus, come dicono i virologi, si può guarire. I medici italiani stanno facendo un lavoro che in nessun altro Paese al mondo stanno facendo. Ecco perchè negli altri Paesi evidentemente non hanno il numero di casi che abbiamo noi. Piuttosto meglio per noi non andare in Paesi dove non hanno troppi casi, perchè evidentemente non fanno abbastanza tamponi e non fanno controlli a sufficienza, come da noi. Il nostro Paese controlla i suoi cittadini, perchè è un Paese che tiene alla buona salute degli italiani. Negli USA il Covid-19 non c’è oppure gli americani non possono pagare migliaia di dollari per i tamponi, per le cure successive e per i trasporti in ambulanza, quindi non conosciamo i numeri degli infettati perchè tutto costa tantissimo con e senza assicurazione, non come da noi che abbiamo un Sistema Sanitario universale, cioè gratuito, per tutti.

Il problema che abbiamo in Italia riguarda la comunicazione e l’immagine quindi che forniamo di noi all’estero. La nostra comunicazione è sbagliata, il ministero degli esteri probabilmente non investe come dovrebbe su questo, forse non spende bene i soldi che ha a disposizione, poiché sta dando di noi un’immagine da lazzaretto, disgraziata, quando si potrebbe spiegare che i nostri medici stanno facendo di tutto per tutelare la salute dei cittadini, salvando centinaia di vite, ogni giorno.

Non è passata nemmeno chiaramente l’immagine di quel Comandante della nave a Yokohama, ultimo a scendere dopo tutti i passeggeri, l’anti-Schettino, un grande orgoglio per tutti noi, per l’Italia. Anche lì, un silenzio tombale. Abbiamo veri eroi nel nostro Paese, che tutti i giorni lavorano in silenzio, rischiando e vanno rispettati per questo. Vedono passare ministri, Presidenti del Consiglio, governi. Loro sono sempre li fino al pensionamento. Sono i nostri operatori della sanità, i nostri medici, i nostri infermieri e i nostri operatori socio-sanitari.

@vanessaseffer

Da L’Opinione

 

Diagnosi coronavirus, Renelli (Cisl Medici Lazio): «Facciamo come in caso di dolore toracico, che è infarto fino a prova contraria»

Il Segretario Cisl Medici dell’Azienda ASL Roma 2 denuncia confusione e pressappochismo nella gestione iniziale dell’emergenza: «Nessuno è sicuro di cosa bisogna fare»

 

Quella dell’emergenza coronavirus è una situazione che ha colto di sorpresa tutto il Paese. Eppure, in poco tempo, l’impegno incessante dei medici e del personale sanitario ha consentito di gestirla e contenerla al meglio. I primi giorni della corsa all’organizzazione per far fronte all’emergenza, tuttavia, sono stati caratterizzati da alcune note stonate. Come quelle che si sono registrate all’azienda ospedaliera Sant’Eugenio di Roma, come ci spiega il dottor Ermenegildo Renelli, Segretario Cisl Medici dell’Azienda ASL Roma 2.

Dottor Renelli, quali sono le criticità che ha riscontrato in merito ai percorsi dei pazienti negli ospedali?

«Al mio ospedale, il Sant’Eugenio di Roma, ho visto molto pressappochismo in tutte le fasi, dall’ingresso del paziente fino al suo isolamento. Ma sinceramente credo che questo sia dovuto al fatto che questa emergenza ci abbia trovati tutti un po’ impreparati, sia la Direzione che noi dirigenti medici, che magari affrontiamo il paziente che viene al triage in maniera molto superficiale, e questo è sbagliato. Dobbiamo fare come si fa di solito col dolore toracico, che è un infarto fino a prova contraria. Dobbiamo pensare che il paziente con tosse e febbre sia un caso positivo al coronavirus e smentire questa ipotesi solo dopo le analisi».

Questa confusione ha caratterizzato solo una fase iniziale?

«Sicuramente ha colto di sorpresa tutti e nessuno è sicuro di quello che va fatto. C’è chi dice una cosa e chi ne dice un’altra, chi dice che il virus è meno letale dell’influenza, chi dice che bisogna stare più attenti. C’è una confusione dovuta al fatto che siamo di fronte ad una malattia nuova e quando c’è una malattia nuova non si sa bene come ci si deve comportare».

Cambiando discorso, come fa a conciliare la sua attività chirurgica a quella di sindacalista in una realtà aziendale con tanti iscritti al suo sindacato?

«Diciamo che è difficile. Però come tutte le cose che si fanno con passione si riesce a ovviare in maniera tranquilla. Di lavoro ce n’è tanto, perché come ha detto lei gli iscritti sono molti. Quando si esce dalle guardie si dedica più tempo a tutti i problemi che ci sono fra i vari dirigenti di tutte le unità operative. Però una cosa che mi piace è che il lavoro paga sempre, non andiamo mai a cercare gli iscritti, i dirigenti vengono da noi perché sanno come lavoriamo. Insieme a me c’è anche il dottor Magliozzi che mi dà una grossa mano, e quindi fare il lavoro insieme, andare d’accordo da quasi vent’anni è la carta vincente del nostro sindacato».

Anche se non è il caso di generalizzare, che grado di conflittualità c’è tra i dirigenti medici e i direttori di struttura complessa?

«In linea di massima andiamo d’accordo con tutti i direttori di struttura complessa, ma andiamo d’accordo soprattutto quando loro si rivolgono ai loro dirigenti e afferenti alle loro UOC trattandoli come collaboratori. Quando poi fanno cose che non devono fare cominciano i problemi. Però in linea di massima non c’è nessun problema. Tanti direttori di UOC sono molto collaborativi, sono anche capaci di riconoscere quando sbagliano, perché può capitare a tutti di sbagliare, anche a loro. Con la Direzione generale ugualmente, non ci sono grossi problemi, anche se quando vedono le mie lettere, di solito, si mettono le mani nei capelli, tutto qui».

@vanessaseffer

Da sanità Informazione

Napoli, muore 15enne tentando di rapinare un poliziotto e i parenti devastano il Pronto Soccorso

Da oltre un anno la Cisl Medici Lazio si è vistosamente impegnata sul tema delle aggressioni al personale medico con la sua campagna di sensibilizzazione sul fenomeno, non ha mai smesso di denunciare, rischiando di essere ossessiva.

 

Aveva adocchiato il costoso orologio di un uomo ma non aveva capito che era un poliziotto in borghese e gli ha puntato contro l’arma, ma questi estraendo a sua volta la pistola lo ha colpito al torace e alla testa la scorsa notte a Napoli. Era un ragazzo di appena 15 anni che subito trasportato da un’ambulanza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Vecchio Pellegrini, è deceduto per la gravità delle ferite riportate. I parenti e gli amici del ragazzo, appresa la notizia del decesso, hanno come da copione devastato i locali, gli arredi e i macchinari dell’ospedale della Pignasecca, costringendo i medici a sospendere l’attività, terrorizzando i presenti e non permettendo lo svolgimento delle attività assistenziali di emergenza in sicurezza per gli altri pazienti e alle ore 7.30 di questa mattina hanno dichiarato la sospensione del servizio di Pronto Soccorso, inviando otto dei pazienti lì in quel momento, con l’ausilio del servizio 118, in altri ospedali della città.

Nel frattempo sono già iniziate le operazioni di ripristino dei locali per riprendere quanto prima l’attività, tenuto conto dell’importanza che ricopre questo presidio all’interno della rete ospedaliera cittadina.

La nostra vicinanza va indubbiamente espressa al personale medico, infermieristico e sociosanitario che si è trovato senza alcuna protezione dinanzi alla furia di un certo numero di persone probabilmente disposte a tutto. Vivere continuamente minacciati, mentre si svolge la propria attività è un disagio insopportabile, specialmente se il lavoro che devi svolgere, per cui hai studiato una vita e che hai sognato di fare è di salvare delle vite e in questo periodo più che mai, con la paura che serpeggia nella testa di tutti e che rischia di prendere il sopravvento, che ha il sapore di un’isteria dilagante e incontrollata di una parte di popolazione che non sa darsi risposte certe in merito ad un virus di cui i media danno notizie discordanti, per cui si sentono solo pareri contraddittori, provenienti da personaggi litigiosi piuttosto che autorevoli.

Questo incenerisce il giusto significato sociale che i medici devono poter recuperare. Da oltre un anno la Cisl Medici Lazio si è vistosamente impegnata sul tema delle aggressioni con la sua campagna di sensibilizzazione sul fenomeno, non ha mai smesso di denunciare, rischiando di essere ossessiva. Il governo aveva risposto dando ampia soddisfazione, facendo uno sforzo importante. Si era detto “manca poco” “Decreto urgente” approvazione della legge in materia di aggressioni agli operatori della sanità praticamente domani, “tolleranza zero”, “certezza della pena”, “procedibilità d’ufficio”. Poi è arrivato il Coronavirus ed ha rubato il palcoscenico a queste storie terribili che tanto trovano sempre il modo di tornare in prima fila, ma hanno dato l’opportunità a chi non ne aveva, di essere primo attore in una fiction.

@vanessaseffer
Da DailyCases

Il cibo e l’igiene al tempo del Coronavirus

Il cibo e l’igiene al tempo del CoronavirusLe regole per garantire la massima igiene c’erano già e sono molto severe, con i sistemi di lavaggio, le lavastoviglie, la sanificazione. Il virus non si trasmette con gli alimenti, ma ci sono delle regole da rispettare. Non bisogna toccarli con le mani sporche per esempio. Diamine, che notizia! Intanto era tutto già previsto dalla legge, ma ci auguriamo che anche a casa nostra queste siano le regole di base. Il pane, il tramezzino, l’arancina, le brioches nei locali pubblici non si porgono con le mani anche in tempi normali, ci sono delle apposite pinze o i guanti. È una pratica che va eseguita sempre così, come noi dovremmo sempre lavarci le mani prima di andare a tavola e in effetti anche dopo aver fatto la pipì, argomento questo poco trattato, ma bisognerebbe affrontarlo prima o poi e pure seriamente questo aspetto della nostra vita che sembra “intimo” ma assume in fretta un ambito pubblico se poi saluti e abbracci decine di persone dopo aver minto o defecato. Ce lo dicevano le nostre mamme e le nostre nonne! Che fine hanno fatto queste regole di buona educazione?

Passata la buriana ricadranno nel dimenticatoio, come le conseguenze di questo momento un po illogico.

Ad ogni modo il cibo è ciò che ci fa stare insieme, che ci lega alla nostra casa, ai nostri parenti e ai nostri amici.

La cosa buona di questa emergenza infatti è che ci ha costretto a stare e a mangiare di più in casa, con i nostri figli, i nostri affetti, perché per un motivo o per un altro siamo tutti troppo impegnati per incontrarci spesso. La vita sociale, però, deve e può tornare ad essere quella di prima, perché questa paranoia dà il senso dell’ignoranza che sta alla base della nostra comunità. Queste mascherine portate in giro come un talismano e non per autentica necessità, come sputacchiatori seriali, come un cornetto rosso o la monetina portafortuna, fa pensare a come siamo nel profondo, alla nostra effettiva vulnerabilità. Da un lato la scienza e dall’altro il gatto nero. Bisogna mettersi d’accordo col cervello.

@vanessaseffer

Da L’Opinione

Medici pubblici ufficiali, sì o no? Ne parla l’avvocato Frattini

Medici pubblici ufficiali, sì o no? Ne parla l’avvocato FrattiniAbbiamo sentito parlare di pubblico ufficiale, ossia di incaricato di pubblico servizio o di esercente servizio di pubblica necessità, piuttosto frequentemente nell’ultimo anno, poiché si richiedeva di assumere questo ruolo per delle figure professionali continuamente vessate sul posto di lavoro, i nostri medici e il personale sanitario, che subiscono nel nostro Paese diverse aggressioni ogni giorno, impedendo loro un lavoro sereno specialmente nei Pronto soccorso. Sono state accertate numerose violenze fisiche e verbali anche negli ambulatori, nei reparti, sulle ambulanze, persino recentemente all’interno di una sala operatoria nel corso di un intervento.

Ne parliamo con l’avvocato Fabio Frattini del Foro di Tivoli e componente della Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane.

Avvocato Frattini, avrà sicuramente seguito l’importante campagna mediatica che la Cisl Medici Lazio ha determinato relativamente al fenomeno delle aggressioni ai medici ed al personale sanitario. Il sindacato aveva tra le altre cose avanzato la richiesta di una rivisitazione delle normativa vigente in materia. Ora qualche dubbio è sorto a seguito del mancato riconoscimento della funzione di pubblico ufficiale agli operatori sanitari. Proviamo a fare chiarezza con uno slalom nel codice penale che fornisce le definizioni di pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio e di esercente un servizio di pubblica necessità?

È il Codice penale, nell’articolo 357 che definisce il pubblico ufficiale colui che esercita una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa e chiarisce che per pubblica funzione amministrativa si deve intendere quella disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Con l’articolo 358 il Codice penale stabilisce che sono incaricati di pubblico servizio coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio e che per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dall’assenza dei poteri tipici di quest’ultima e con l’esclusione delle semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera semplicemente materiale. Infine, l’articolo 359 del Codice penale individua le persone esercenti un servizio di pubblica necessità nei privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando il pubblico sia obbligato per legge a valersi della loro opera, ovvero i privati che pur non esercitando una pubblica funzione o né prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità, mediante un atto della pubblica amministrazione.

La nozione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio è dunque rilevante ai fini dell’applicazione di diverse norme penale?

Nella parte generale del Codice penale si può far menzione dell’articolo 61, nn. 9 e 10. Si tratta di due circostanze aggravanti comuni: la prima comporta un aumento della pena per chi ha commesso un fatto di reato con l’abuso dei poteri o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio; la seconda prevede un aumento di pena per chi ha commesso un fatto contro un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio. Il Codice penale poi dedica il titolo II del libro secondo ai delitti contro la pubblica amministrazione. Nello specifico il titolo II si divide in due capi, il primo dedicato ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, il secondo ai delitti dei privati contro la pubblica amministrazione. La nozione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, quindi, è adottata in vista di due finalità diverse: da una parte per stabilire a carico dei pubblici ufficiali una maggiore responsabilità nel caso di violazione dei loro doveri, dall’altra per assicurare loro una maggiore protezione a fronte delle offese dei terzi.

Ci può fare alcuni esempi concreti e precisare quando, secondo la giurisprudenza, i medici sono già considerati pubblici ufficiali?

Il direttore sanitario di un ospedale pubblico, al quale per l’organizzazione dell’istituto è riservata una serie di poteri di autorità e di direzione; I medici ospedalieri in quanto, indipendentemente dal ruolo ricoperto, cumulano mansioni di carattere diagnostico e terapeutico con l’esercizio di un’attività autoritaria che impegna l’ente; Il medico di famiglia che presta la sua opera a favore di un soggetto assistito dal Servizio sanitario nazionale il quale compie un’attività amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e concorre a formare e a manifestare la volontà della Pubblica amministrazione. in materia di assistenza sanitaria pubblica, esercitando in sua vece poteri autoritativi e certificativi (ricette, impegnative, certificati medici); Il responsabile di un laboratorio convenzionato con il Servizio sanitario nazionale; Il medico che presta la sua opera presso una casa di cura privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale.

Dunque si deve aver riguardo all’attività svolta in concreto?

Certamente. Si attribuisce la qualifica di pubblico ufficiale non già in relazione all’intera funzione devoluta all’operatore sanitario ma ai caratteri propri e ai singoli momenti in cui viene svolta.

Quando non ricoprono la qualifica di pubblico ufficiale come sono considerati, agli effetti della legge penale, i medici?

I medici che lavorano esclusivamente nel privato devono essere qualificati esercenti un servizio di pubblica necessità.

Pertanto, non basta la mancata approvazione dell’emendamento da parte della Commissione Affari Sociali della Camera per escludere la qualifica di pubblico ufficiale per un medico?

È proprio così dal momento che la giurisprudenza, nell’attuale contesto normativo, come le ho sopra indicato, ha già riconosciuto tale qualifica ai medici in alcuni casi.

Quali sono le principali novità, nell’ambito della tutela penale, introdotte dal disegno di legge in discussione alla Camera dei Deputati?

In primo luogo le modifiche all’articolo 583 quater, del Codice penale apportate dall’articolo 2 del testo licenziato dal Senato, e dall’altra l’introduzione, prevista dall’articolo 3, della circostanza aggravante comune di cui all’articolo 61 n. 11 octies del Codice penale estendono a tutti gli operatori sanitari la tutela già prevista per i pubblici ufficiali dal medesimo articolo 583 quater del Codice penale e dall’articolo 61 n. 10 del Codice penale. Inoltre, la ricorrenza della circostanza di cui all’articolo 61 n. 11 octies esclude la perseguibilità a querela delle percosse e delle lesioni lievi. Esclusione quest’ultima che mi lascia alquanto perplesso poiché non farà altro che rappresentare un ostacolo alla definizione dei procedimenti penali rendendo sempre più complicata una possibile definizione bonaria delle instaurande controversie.

Quali sono le conseguenze del mancato riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale?

È importante sottolineare che la mancata qualificazione di pubblici ufficiali esclude per gli operatori sanitari, in sé considerati, il rischio di dover rispondere di reati molto gravi quali quelli previsti dal Codice penale per i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio.

@vanessaseffer

Da L’Opinione

Covid-19, i nostri medici sono i più bravi al mondo

Covid-19, i nostri medici sono i più bravi al mondoNiente è peggio della psicosi. Presi d’assalto i supermercati pure dove non è ancora arrivato il virus. Nel dubbio compriamo, mettiamo da parte scatolame, facendo salire i prezzi perché le scorte impongono un aumento dei rifornimenti negli scaffali dei negozi e quindi dei trasporti delle merci che viaggiano per il nostro Paese su gomma. I casi cominciano ad essere tanti, come previsto dai medici, e i decessi che contiamo si riferiscono a persone anziane e con polipatologie. Ricordiamo che registriamo delle guarigioni da Covid-19, come i primi due casi dei due turisti cinesi e del ricercatore ricoverati allo Spallanzani.

Cinque regioni italiane coinvolte per il momento, ma non si fa cenno a quanti ogni anno, muoiono di influenza nel nostro Paese: lo scorso anno ci sono stati 516 contagi dall’ottobre precedente, 376 persone sono state intubate e 95 sono decedute. Comunque da una manciata di ore succede di tutto: fino a pochi giorni fa andava tutto bene, ora il nord Italia è appestato, il sud ancora resiste. Ma c’è da pensare che presto anche lì arriveranno dei casi. Ecco perché sarebbe bene pensare ad una organizzazione condivisa sul da farsi e non lasciare che anarchicamente ciascuna Regione faccia come creda, adottando protocolli autonomi, ma avendo una visione unica in tutto il Paese.

Sarebbe bene ascoltare la voce autorevole dei medici, dei virologi, degli scienziati e basta. Lasciamo la parola a loro, agli esperti, e attendiamo con saggezza, senza allarmismi inutili, seguendo i consigli che danno: restare a casa ove è deciso che si debba fare così, lavarci costantemente le mani, di tossire e starnutire con delle regole precise, e attendere e vigilare sul nostro stato di salute con calma, senza dar luogo a sfoghi imbecilli contro persone di altre comunità ed etnie.

I medici, già, che lavorano da settimane, come sempre, ed ora più che mai, a dispetto di tagli, di orari impossibili, di gravissima carenza numerica nelle corsie come nei Pronto Soccorsi ed essendo i più esposti alla possibilità di essere contagiati, di ferirsi, di ammalarsi, perché sono persone non sono robot, non lo dimentichiamo. Noi spesso abbiamo la pretesa che da parte loro, che fanno tutto il possibile e del loro meglio, debbano fare pure i miracoli. I medici, gli infermieri, il personale sanitario ci sono h24 e a nostra disposizione a titolo gratuito. È così il nostro Servizio sanitario nazionale, che ci garantisce essendo “universale”, sistema unico al mondo, le cure primarie a noi e a chiunque arrivi nel nostro Paese, pur senza documenti. Sfidiamo chiunque a trovarne un altro così nel resto del mondo da paragonare al nostro, che “accolga” in modo paritario a tutte le ore, come quello italiano e a parità di professionalità.

Non finiremo mai di ringraziare quindi i nostri medici, uno ad uno, dai più anziani e titolati all’ultimo degli specializzandi, che si stanno adoperando in questa battaglia contro il Covid-19 che non sappiamo dove ci porterà, ma che certamente ci rappresenta come un Paese aperto, forte, all’avanguardia e soprattutto generoso ed accogliente, a dispetto di chi non apprezza, chi condanna. Chi aggredisce i sanitari, chi non è mai contento, chi punta sempre il dito, chi punta a demolire un sistema piuttosto che rafforzarlo, migliorarlo, renderlo più evoluto e all’avanguardia. Perché la materia prima, la parte nobile, i nostri medici, sono i numeri uno, su cui puntare per costruire la Sanità del futuro del Paese. Interessante come i nostri 40 connazionali siano stati rinviati al mittente dalle Mauritius, neppure fatti scendere dall’aereo e grazie al comandante accuditi come meglio si è potuto, quindi nemmeno guardati in faccia da chi avrebbe dovuto “accoglierli”. Per loro aeroporto chiuso e di corsa indietro, a casa, nonostante avessero condiviso lo stesso volo con altre 260 persone di altre nazionalità.

@vanessaseffer

Da L’Opinione