LA BEFANA VIEN DI NOTTE E AL P.S. TUTTI A FROTTE

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Si dice spesso, ed a ragione, che alcuni servizi erogati per le intere 24 ore dalla sanità pubblica, ed è questo il caso del pronto soccorso, della chirurgia in urgenza, dei reparti di degenza solo per citare alcuni esempi, siano ormai tra i pochi che effettivamente danno risposte immediate e concrete al bisogno assistenziale espresso dai cittadini. Eppure la percezione è che molti cittadini non abbiano la consapevolezza di questa realtà che continua ad essere operativa pur tra le mille difficoltà derivanti dalle ormai croniche carenze di personale ed i molti deficit organizzativi e strutturali che caratterizzano le aziende sanitarie. È una dinamica complessa anche da un punto psicologico. Entrando in casa si spinge l’interruttore ed ecco che si accende la lampadina. Se poi si rimane al buio ci si dirige verso il quadro elettrico e si cerca di capire se è scattata la leva chiamata, non a caso, salvavita. La si solleva e finalmente ecco la luce e la tranquillità che ne deriva. Pensiamo a cosa potrebbe accadere se sollevando la leva non ottenessimo il ritorno della luce: preoccupazione, disagio, forse panico perchè non se ne capisce il motivo.

Pensiamo ora a quale reazione potremmo avere di fronte ad una interruzione delle prestazioni sanitarie. Certo si dirà che i medici andrebbero incontro a problematiche giudiziarie e disciplinari perchè l’interruzione di pubblico servizio, oltre ad essere di per sè esecrabile, costituisce un reato e come tale è condannabile. Pensiamo peró a cosa accadrebbe se i medici si attenessero rigidamente a ció che detta il contratto, peraltro in ritardo di dieci anni, se evitassero di fare ore di straordinario, peraltro spesso non pagate e compensabili con ipotetici successivi riposi pressochè impossibili da usufruire considerata la diffusa povertá degli organici di personale. Cosa accadrebbe se i medici, stretti tra le pastoie burocratiche, le accuse di malpractice, gli spot pubblicitari che li dipingono quasi alla stregua di criminali, si limitassero a fare nulla di più di ció che è il loro mandato professionale di diagnosi e cura? Qualcuno direbbe che sarebbe già tanto e che si accontenterebbe di questo perchè ognuno di noi ha una esperienza negativa da raccontare, un ricordo della memoria. Ma torniamo alla frontiera del Pronto Soccorso che dovrebbe rappresentare l’interfaccia tra ospedale e territorio, il servizio dove in prima istanza si rivolgono i cittadini con problemi di salute reputati urgenti.

Nella specifica pagina del Ministero della SaIute si legge che “i servizi di pronto soccorso e di accettazione svolgono attività di accettazione per i casi elettivi e programmati e per quelli che si presentano spontaneamente e non rivestono carattere di emergenza-urgenza, nonché per i soggetti in condizioni di urgenza differibile, indifferibile e in condizioni di emergenza”.

Dalla lettura della definizione di Pronto Soccorso si trae la conclusione che esso rappresenta il principale biglietto da visita dell’ospedale. Tuttavia le immagini di affollamento e sovraffollamento dei PS, accentuate dai picchi influenzali del periodo, non fanno pensare a quei criteri di affidabilità ed efficienza che dovrebbero caratterizzare una sanità che funziona e dunque nell’immaginario collettivo ne risulta alterata la percezione del buon funzionamento della stessa. Le attese per essere visitati e per essere ricoverati, nei Pronto Soccorso della penisola, sono la evidente dimostrazione di come i tagli lineari cui è stato sottoposto il Sistema Sanitario Nazionale negli ultimi anni abbiano avuto delle pesanti conseguenze sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini. Cittadini che peró non si pongono il quesito sulle responsabilità politiche di questo dissesto e, limitandosi a spingere l’interruttore della luce e non ottenendo con immediatezza l’accensione della lampadina, ovvero l’erogazione del servizio atteso, finiscono spesso ad alimentare le cronache quotidiane con atti sempre più frequenti di aggressione ai danni dei medici e degli altri operatori sanitari.

Secondo il Programma Nazionale Esiti (PNE) che è uno strumento di valutazione a supporto di programmi di audit clinico e organizzativo, diffuso da Agenas, negli ultimi anni gli accessi di durata inferiore a 12 ore sono stati mediamenre intorno ai 15 milioni. Globalmente i dati 2017 parlano di circa 23.500.000 di accessi all’anno per le varie tipologie di codice e durata degli stessi. Si tratta di numeri enormi a fronte dei quali sono estremamente rari casi accertati di malasanità. I giorni iniziali di ogni anno sono poi sicuramente tra i più complicati per il sistema. La sintomatologia influenzale, febbre alta, mal di gola, raffreddore e problemi gastrointestinali, portano le strutture vicine al collasso per la grande affluenza di pazienti.

Ed ecco allora il teatrino della politica.Da un lato le accuse da parte delle opposizioni di inefficienza e di errata programmazione, dall’altra la conseguente risposta di chi governa gli enti regionali con l’elenco delle misure messe in campo per fronteggiare l’emergenza e limitare le difficoltà derivanti dall’iperaffollamento: l’invito a tutte le strutture a dimettere i pazienti 7 giorni su 7, compresi sabato e domenica; l’accordo con le strutture private per la gestione dei trasferimenti in ricovero ordinario; l’apertura degli ambulatori medici di famiglia il sabato e la domenica, compresi i giorni festivi; l’apertura di presidi per i pediatri di libera scelta il sabato e la domenica e nei festivi, ultimo e positivo esempio nel Lazio a Colleferro nell’ambito della Asl Roma 5.

Tutto già visto come da copione. Peró in prima fila a “beccarsi le pallottole” restano gli operatori sanitari. E allora viene spontaneo riproporre la proposta della Cisl Medici di far si che le aziende si costituiscano parte civile in caso di aggressione ai propri dipendenti che costituiscono la principale ricchezza della nostra sanità pubblica.

@vanessaseffer

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E LA CHIAMANO CASTA

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“Penso che il ministro Grillo sia d’accordo sul fatto che sia necessario difendere il diritto del soggetto debole. La casta invece penso che sia in grado di difendersi da sola”.Esordisce così il presidente della società promotrice di quell’infelice spot con la Bonaccorti, nella replica ai sindacati medici, agli Ordini Professionali Provinciali, alla FNOM, ai politici che hanno ritenuto di mettersi dalla parte dei camici bianchi. Esordisce con un termine vecchio, stantìo, ammuffito che ampiamente da la misura della totale assenza di un modello propositivo da parte di questa società, che per difendere il cosiddetto soggetto debole non si fa alcuno scrupolo di incitare all’odio contro una categoria che, tra mille problemi ed altrettante difficoltà, continua a garantirci, insieme agli altri professionisti della sanità, infermieri e tecnici, il diritto alla salute. Il termine “casta” ha da vocabolario essenzialmente due significati:1. Gruppo sociale chiuso, che si forma e si perpetua in genti e paesi di particolare cultura (per es. le caste in cui sono divisi gli Indù).Oppure, in forma estensiva: 2. Classe di persone che si considera, per nascita o per condizione, separata dagli altri, e gode o si attribuisce speciali diritti o privilegi.
Sulla prima definizione c’è poco da dire, tale è l’evidenza della inappropriatezza del significato se attribuito alla categoria medica.Allora considerato che medico lo si diventa dopo il conseguimento della laurea in medicina e chirurgia, che dura sei anni, e considerato che occorre specializzarsi in una disciplina, della durata di almeno altri quattro anni, per accedere ad un concorso pubblico nel servizio sanitario nazionale, anche la seconda accezione del termine casta è impropria. Medico si diventa, e non si nasce tale per scelta divina. Che poi qualche medico, a livello personale possa ritenere di avere speciali diritti o privilegi, allora questo è un altro discorso.

I medici di oggi, alle porte del 2019 sarebbero casta? Questo presidente lo raccontasse ai medici che garantiscono 24 ore al giorno l’assistenza! Lo raccontasse a quanti lavorano senza ottenere il pagamento degli straordinari! Lo raccontasse a chi è senza contratto da dieci anni! Lo raccontasse alla dottoressa violentata a Trecastagni (Catania) durante la guardia! Lo raccontasse ai medici caduti nell’adempimento del loro dovere! Lo raccontasse a quelli malmenati quotidianamente sul posto di lavoro oppure a quella dottoressa accoltellata a Crotone il 4 dicembre.

Poi certamente i medici a volte ci mettono del proprio per farsi male da soli e l’esperienza personale può farci ricordare singoli ma rari episodi spiacevoli, più dettati da ineducazione e scarso dialogo, piuttosto che da manifesta ed acclarata incapacità professionale. E magari saranno proprio queste brutte campagne pubblicitarie a far si che i medici, consapevoli anche del loro numero in forte riduzione, tenteranno di diventare una casta con tanto di potestà di contro denuncia per diffamazione e richiesta di risarcimento per danno d’immagine verso il denunciante, quando la causa si risolve in un nulla di fatto come accade nella totale maggioranza dei casi. E allora per il comune cittadino saranno dolori. A proposito, chi curerà il dolore quando il medico sarà definitivamente barricato nella medicina difensiva? Google, una app sul telefonino, un pool di avvocati, Spazio 1999, un volto televisivo, una voce radiofonica, le spezie indiane, una divinità a scelta? Ma mi faccia il piacere! Scomodando il principe Antonio de Curtis in arte Totò.

@vanessaseffer

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I medici protestano: finiremo per farci curare dagli avvocati?

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Nel clima delle festività natalizie, tra bollicine e panettoni, regali e presepi, nell’attesa dei consueti botti di fine anno, sembra essere sfuggito, con qualche rarissima eccezione, all’attenzione dei politici nostrani l’ennesimo spot contro i medici. Sarà il clima festaiolo, sarà che la finanziaria andava chiusa ed occorreva stare attenti a non fare saltare gli emendamenti che stanno a cuore al proprio paesello ed alla propria consorteria, ma resta il fatto che nessuna voce della politica si è levata per condannare l’aggressione verso la categoria medica e, di fatto, verso il servizio sanitario pubblico.

Solo due politici pentastellati, Misiti e Trizzino, hanno dichiarato che lo “spot con la Bonaccorti alimenta rancore verso i medici e favorisce la loro fuga dalla sanità pubblica” ed hanno altresì chiesto di sospendere la messa in onda. Un po di sensibilità che fa di sicuro piacere!

È chiaro che la star televisiva dei tempi che furono non godeva da anni di tutta questa attenzione mediatica. Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici ed alcuni sindacati, tra cui in prima fila la Cisl Medici che su questo argomento è da tempo attiva e propositiva, le hanno indirettamente consentito di meritarsi il cachet con il quale era stata ingaggiata. Alcuni anni or sono, il Collegio dei Primari Oncologi Ospedalieri e l’associazione dei medici accusati ingiustamente di malpractice avevano diffuso un video, in replica all’ennesimo spot che invitava i cittadini a denunciare i medici ai fini di un risarcimento economico. E nel video, presente su youtube all’indirizzo https://youtu.be/Uhxx4CymZJk non ci erano andati leggeri. I protagonisti erano gli avvoltoi, simpatici volatili con gusti non proprio raffinati. Pennuti mangiacadaveri a parte, resta tuttavia una sorta di vuoto politico e legislativo nel quale qualche sedicente associazione di tutela si infila non per denigrare ma esclusivamente per ottenere un ritorno economico da spartire con i cittadini che potenzialmente possono avere ricevuto un danno con i promotori di queste iniziative che, contro ogni deontologia professionale, promettono “nessun costo in caso di rigetto della denuncia”.

A quando allora le offerte promozionali cumulative? Denuncia tre medici, il quarto lo aggrediamo noi magari al Pronto Soccorso, gratis!

Qualche politico ha mai saputo cosa significa “lite temeraria”? Bene, vuoi denunciare? Fai pure! Ma in caso di soccombenza del denunciante, allora il medico deve essere messo in grado di esercitare un’ azione di rivalsa, come scrivono quei Magistrati che nella stragrande maggioranza dei casi rigettano questa pratica continuativa di fare ricorso alla denuncia per ottenere un ritorno economico.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nel 2017 ha ricevuto circa 300 esposti da parte di soggetti che, a vario titolo e con diverse motivazioni, hanno denunciato i medici. Il Pubblico Ministero Tiziana Siciliano, che coordina il pool ambiente, salute e lavoro della Procura di Milano, ha parlato l’8 ottobre a margine di un convegno sulla responsabilità penale e contabile nelle professioni sanitarie, organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura: una vera e propria “patologia” del sistema giudiziario, perché troppe risultano essere le motivazioni di tipo strumentale, utili per fare pressioni in vista di una richiesta di risarcimento danni in sede civile, richiesta che nella maggioranza dei casi finisce con una archiviazione. Ma prima di una archiviazione quanta sofferenza da entrambi i lati della barricata!

@vanessaseffer

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Medici, pubblicità che istiga all’odio

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EnricaBonaccortiDai cartelloni con le manette, alle donne che hanno subìto violenza con un camice bianco che si intravede in sottofondo che lascia ampio spazio alla fantasia di chi guarda. Non bastava l’orda di avvocatucci che ormai girano dentro gli ospedali a caccia di possibili clienti al pari dei cassamortari. Ma la Bonaccorti no, questa non ce l’aspettavamo. Lei è una donna saggia, che dispensa consigli ormai da anni sulle reti della nostra tele e per questo non può non aver valutato i pro e soprattutto i “contro” di ogni singola parola che passa attraverso il tubo catodico e i segni irreversibili che esso può lasciare. Facendo un veloce resume della situazione, la signora Bonaccorti, si è avventurata in una pubblicità che gira in video e nelle chat in questi giorni, nella quale dice che “se pensi di dover avere un risarcimento da un danno ricevuto in ospedale ecco il numero di telefono, hai anche 10 anni per avere ciò che ti spetta…”.

“Sono sconcertato da questo video – afferma il Dott. Biagio Papotto Segretario Nazionale della Cisl Medici – sebbene si tratti di una signora affascinante, è incredibile che si presti ad una simile pubblicità, probabilmente molto ben pagata. All’evidenza non si è posta il problema che tutti ci si avvicina, poiché è naturalmente ciò che accade, ad avere una certa età e dunque tutta una serie di patologie che sono i medici a dovere e potere curare, quegli stessi medici che fanno fatica spesso ad andare avanti, che fanno turni faticosissimi e lunghissimi in ospedale, che non hanno ancora un contratto dopo dieci anni e ciò fa si che tanti bravi medici vanno via dal nostro Paese. Perchè non mettere in evidenza quanta fatica, quante vite vengono salvate ogni giorno, quanta qualità c’è nella sanità italiana, che mette il nostro Paese al terzo posto nel mondo? Perchè non ci si preoccupa di pubblicizzare il fatto che se un immigrato che viene da noi e non ha un soldo, non ha un documento ma si sente male, viene curato al meglio e gratuitamente come un qualsiasi cittadino italiano? Ma se noi andiamo negli Stati Uniti e non abbiamo una carta di credito facciamo bene ad essere in forma, perchè se dovessimo per caso sentirci male non ci permetterebbero nemmeno di varcare la soglia di un pronto soccorso. Non sento mai parlare di tutte le cose buone che i nostri medici fanno quotidianamente con il massimo della serietà e con le risorse che si ritrovano”.
Che deve fare Enrica pè campà!

@vanessaseffer

 

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Medici: Bonaccorti poco accorta in video

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Medici: Bonaccorti poco accorta in videoSi legge su Wikipedia che Enrica Bonaccorti, all’anagrafe Enrica Maria Silvia Adele Bonaccorti (Savona, 18 novembre di un certo anno), è una conduttrice televisiva, conduttrice radiofonica, paroliera e attrice italiana. Dunque, nel suo corposo curriculum vitae, oltre alle numerose trasmissioni televisive che l’hanno resa celebre, la Bonaccorti sarebbe anche una “paroliera”. Cercando sulla Treccani, si può leggere quanto segue: “Parolière, chi scrive i versi o le parole per una canzone o per altra composizione di musica leggera; in particolare chi adatta le parole a musica già composta”. È una definizione che rende onore alla signora. Sorte ben diversa è riservata sulla stessa enciclopedia al termine parolaio: “Persona che parla molto, che ama fare discorsi verbosi, generalmente futili, privi di corrispondenza con la realtà, o destinati a non tradursi in pratica: non dar retta a quel parolaio! Come aggettivo, che abbonda di parole, per lo più inconcludenti! Come in politica, che si riduce a vane parole e dove si fanno molti discorsi ma si conclude poco!”.

“Fiumi di parole” invece è un brano musicale che si è aggiudicato il primo posto nella classifica finale della quarantasettesima edizione del Festival della canzone italiana di Sanremo nel 1997, ovvero ben ventuno anni fa. Allora, la nostra gentile signora paroliera, mai avrebbe pensato che ventuno anni dopo, in uno spot televisivo, si sarebbe ritrovata a recitare, non a cantare, un piccolo fiume di parole contro la categoria medica dispensando consigli su come denunciare un medico nei casi di malasanità e ricordando che si hanno ben dieci anni di tempo a disposizione per farlo. Il tema della salute degli anziani è più attuale che mai, attuale almeno quanto le violenze fisiche e gli attacchi verbali contro i medici e gli operatori sanitari: secondo alcuni dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità (Iss), tra pochi anni, esattamente nel 2025, saranno 1,2 miliardi le persone nel mondo con più di sessant’anni: nulla dice l’Iss relativamente a chi nel 2025 avrà 76 anni. Se da un lato questi numeri indicano un allungamento dell’aspettativa di vita, dall’altro determinano interrogativi relativamente ai problemi di salute degli anziani, perché all’invecchiamento della popolazione si accompagnerà un aumento delle malattie legate all’età.

Ma di quali patologie o disturbi soffrono maggiormente le persone anziane? Osteoporosi, demenza senile, Alzheimer, diabete, cardiopatie, ipertensione arteriosa, tanto per citarne solo alcune evitando di citarne altre. Cosa fare? Lo chiediamo a Luciano Cifaldi, segretario generale della Cisl Medici Lazio. “Bisogna andare dal medico – sostiene – da uno specialista che potrà prescrivere la terapia farmacologica. Tuttavia, non va dimenticato che in età avanzata, dopo una vita spesa a fare carriera magari sotto le luci della ribalta, è importante e necessario mantenere attiva anche la mente. Non smettiamo di allenare la mente. Leggiamo libri, leggiamo magari anche quelle notizie di buona sanità che purtroppo non fanno notizia, ma che restano indimenticate nella mente e nel cuore di quanti hanno ricevuto un trapianto, o hanno sconfitto una leucemia, o sono stati salvati da un medico quando sembrava che ormai non ci fosse più nulla da fare. Certo anche il medico può sbagliare. Sbagliare è umano, se sbaglia un medico e l’errore è accertato interviene la Magistratura”.

Secondo Cifaldi, “ridurre l’operato dei professionisti medici ad uno spot come quello che ho visto in queste ore, ed è l’ennesimo purtroppo, mi appare francamente una operazione misera. Non ce ne voglia la signora Enrica e non si preoccupi: nessuno ricorderà le sue parole pronunciate nello spot. Ben più importanti sono le parole scritte nel giuramento di Ippocrate, quelle per le quali, ogni giorno, migliaia di medici cercano di fare del proprio meglio per tutelare la nostra salute”.

@vanessaseffer

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