Il cibo e l’igiene al tempo del Coronavirus

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Il cibo e l’igiene al tempo del CoronavirusLe regole per garantire la massima igiene c’erano già e sono molto severe, con i sistemi di lavaggio, le lavastoviglie, la sanificazione. Il virus non si trasmette con gli alimenti, ma ci sono delle regole da rispettare. Non bisogna toccarli con le mani sporche per esempio. Diamine, che notizia! Intanto era tutto già previsto dalla legge, ma ci auguriamo che anche a casa nostra queste siano le regole di base. Il pane, il tramezzino, l’arancina, le brioches nei locali pubblici non si porgono con le mani anche in tempi normali, ci sono delle apposite pinze o i guanti. È una pratica che va eseguita sempre così, come noi dovremmo sempre lavarci le mani prima di andare a tavola e in effetti anche dopo aver fatto la pipì, argomento questo poco trattato, ma bisognerebbe affrontarlo prima o poi e pure seriamente questo aspetto della nostra vita che sembra “intimo” ma assume in fretta un ambito pubblico se poi saluti e abbracci decine di persone dopo aver minto o defecato. Ce lo dicevano le nostre mamme e le nostre nonne! Che fine hanno fatto queste regole di buona educazione?

Passata la buriana ricadranno nel dimenticatoio, come le conseguenze di questo momento un po illogico.

Ad ogni modo il cibo è ciò che ci fa stare insieme, che ci lega alla nostra casa, ai nostri parenti e ai nostri amici.

La cosa buona di questa emergenza infatti è che ci ha costretto a stare e a mangiare di più in casa, con i nostri figli, i nostri affetti, perché per un motivo o per un altro siamo tutti troppo impegnati per incontrarci spesso. La vita sociale, però, deve e può tornare ad essere quella di prima, perché questa paranoia dà il senso dell’ignoranza che sta alla base della nostra comunità. Queste mascherine portate in giro come un talismano e non per autentica necessità, come sputacchiatori seriali, come un cornetto rosso o la monetina portafortuna, fa pensare a come siamo nel profondo, alla nostra effettiva vulnerabilità. Da un lato la scienza e dall’altro il gatto nero. Bisogna mettersi d’accordo col cervello.

@vanessaseffer

Da L’Opinione

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