Alla luce dei recenti episodi di cronaca, abbiamo sentito la necessità di eludere inutili preoccupazioni, chiedendo ad un esperto, il professor Francesco Menichetti, Ordinario in Malattie infettive all’Università di Pisa, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive dell’Aoup (Azienda ospedaliera universitaria pisana), nominato membro del Comitato tecnico sanitario del ministero della Salute nella sezione per la lotta contro l’Aids dal ministro Beatrice Lorenzin, l’uomo che è in prima linea quando si parla di emergenze infettive virali acute e croniche, in trincea in Toscana, la regione più compromessa al momento, di spiegarci con chiarezza quanto sta succedendo nel nostro Paese in merito alla C, il ceppo di meningite che terrorizza non solo la Toscana, ma che ha creato allarmismo nei cittadini italiani con la conseguente folle corsa alla vaccinazione.
Professore, che differenza c’è fra meningococco e meningite batterica?
Quando parliamo di meningite batterica parliamo di una sindrome clinica, un’infezione delle meningi che può essere causata da diversi microbi e virus. Tra i microbi, l’unica forma contagiosa è quella causata dal meningococco. L’allarme, del tutto ingiustificato, che ha raggiunto livelli di parossismo si riferirebbe all’unica forma di meningite batterica che è quella causata dal meningococco. Allarme ingiustificato perché non c’è nessun incremento di casi di meningite meningococcica, oppure di malattia invasiva meningococcica. In Italia, fatta eccezione per la Toscana, che dal 2015 ha avuto un incremento di casi, abbiamo avuto 61 casi da meningococco con 13 morti. Questa è l’unica situazione degna di rilievo, ma la Toscana dall’anno scorso ha intrapreso una campagna vaccinale adeguata che sta andando avanti. Nel resto d’Italia, le segnalazioni che si sono succedute a fine anno e i primi giorni dell’anno nuovo rientrano largamente nella fisiologia stagionale. Ogni anno nel Paese abbiamo 200 casi di meningococco, 900 casi di pneumococco. Siamo assolutamente nella normalità.
Alcune delle 61 persone ammalatesi in Toscana erano vaccinate. Si può contrarre la meningite anche se vaccinati?
In realtà i casi vaccinati sono circa 12. Ma bisogna chiarire un punto: l’immunità generata dai vaccini che sono a disposizione non dura oltre 5 anni e la metà di queste 12 persone che hanno avuto la malattia meningococcica erano state vaccinate da oltre 5 anni. Quindi erano al di fuori dell’arco temporale della protezione vaccinale. Abbiamo avuto un paio di casi in cui i pazienti erano stati vaccinati da poco. Ci vuole almeno un mese perché si sviluppino gli anticorpi. Non è che oggi fai il vaccino e domani sei protetto, devono trascorrere almeno 3/4 settimane. Il vaccino antimeningococcico è molto sicuro ed efficace, però un 5/6 per cento di vaccinati non risponde bene come in altre situazioni vaccinali, non è mai efficace al 100 per cento. Bisogna sottolineare con forza che tutti i casi di malattia meningococcica, sia la meningite che la setticemia, che è l’infezione più grave responsabile delle morti, che si sono verificate in vaccinati, sono stati meno aggressivi e letali. Solo una persona vaccinata è morta, tutti gli altri casi riguardavano individui non vaccinati. Vaccinarsi conviene sempre, è utile e necessario perché protegge dalla malattia o attenua la sua gravità. Ma oggi vaccinarsi, al di là dei calendari vaccinali che si rivolgono ai bambini e agli adolescenti, è un problema che riguarda soprattutto la Toscana. Per le altre regioni, la corsa ai vaccini sorprende.
Il trend della malattia in Piemonte sembra stia diminuendo dal 2010 ad oggi, pertanto questa regione non consiglia la vaccinazione, cosa ne pensa?
Che bisogna seguire queste indicazioni. Io sono uno strenuo sostenitore del fatto che debba essere seguito un unico calendario vaccinale a livello nazionale perché, avendo 20 regioni, abbiamo 20 calendari vaccinali. È evidente che laddove ci siano diversità epidemiologiche come in Toscana è anche giusto ci sia la flessibilità nell’offerta. Mi sarei rallegrato se questa corsa degli italiani a vaccinarsi ci fosse stata nei confronti del vaccino per l’influenza. Quella sì che è un’epidemia diffusa, stagionale, che è arrivata in anticipo, è molto grave e provoca tante complicanze nei piccoli, negli anziani, nelle persone fragili, malate, e provoca anche tante morti che nessuno conta.
La meningite uccide più o meno della polmonite?
Sicuramente la polmonite ha una maggiore letalità, così come anche l’influenza. Noi siamo vittime di un certo strabismo, vediamo solo quello che viene messo in evidenza, che viene agli onori della cronaca, di giornali e televisione.
Le Marche, la Liguria e il Friuli sottolineano l’assenza dell’emergenza sanitaria e la copertura vaccinale altissima (90 per cento) della popolazione. L’eccessiva informazione o una scarsa informazione sono la causa di esagerazioni o della paura dilagante?
Esatto, si perde facilmente la visione globale, che nelle questioni sanitarie non va mai persa. Adesso la priorità è l’influenza e le sue complicanze, che fanno qualche migliaia di morti tutti gli anni in Italia, non qualche decina. Ancora il tasso di vaccinazione per l’influenza è troppo basso. C’è tanto scetticismo e tanta diffidenza nei confronti dei vaccini, in particolare nei confronti dei vaccini virali, come quello antinfluenzale e questo è un male.
Chi per lavoro va in Toscana, anche periodicamente, deve vaccinarsi?
Noi e l’assessorato alla Salute consigliamo il vaccino agli studenti, quelli che vanno nelle sedi universitarie della Toscana, gente di fuori che ha un rapporto professionale stabile o periodico per settimane, mesi, reiterato in questa regione, si può vaccinare per una forma di protezione. Ma chi va occasionalmente o per motivi turistici no. La Toscana è una regione sicura, visitabile, non è necessario vaccinarsi a meno che uno non preveda di andare per periodi prolungati o reiterati.
Meglio il vaccino quadrivalente oppure quello specifico monovalente?
Ai bambini il calendario vaccinale toscano offre per le prime due dosi il monovalente, adesso è più prevalente l’offerta del quadrivalente che è un vaccino coniugato, quindi rivolto contro il ceppo A, C, Y e W. Direi il quadrivalente coniugato sia quello consigliabile, al di fuori dei calendari vaccinali, se si decide di fare il vaccino.
Come si fa se qualcuno non ricorda di essere stato vaccinato da piccolo, è possibile rifare il vaccino oppure no?
Sicuramente, non è mai pericoloso. Stiamo parlando del meningococco. Ma anche in altre situazioni non è mai pericoloso. Bisogna però cambiare l’atteggiamento nei confronti dei vaccini, essere più attenti, avere la tessera sanitaria che riporti le vaccinazioni e farsi aiutare dagli uffici che le erogano, che sicuramente sono in grado di ricostruire se il canale è stato quello. Più difficile se uno lo ha fatto come iniziativa personale dal proprio medico o dal farmacista. Però rischi non se ne corrono, anzi l’offerta ultima della Regione Toscana è quella di implementare di una dose il vaccino per il meningococco C, proprio per colmare eventuali carenze nella durata della protezione che non va oltre i 5 anni.
Quindi non c’è emergenza meningite in Italia!
Direi che non c’è assolutamente, non c’è neanche in Toscana, dove si è verificata una situazione che è nota fin dall’anno scorso e che sta persistendo, che è un incremento notevole che noi definiamo un cluster epidemico, un focolaio epidemico, che però in termini numerici ha prodotto numeri contenuti, 61 casi in due anni. È molto perché il meningococco ne fa meno di 200 all’anno in tutta Italia e quindi è una quota importante di avere il 30/35 per cento dei casi documentati nel territorio, ma la Toscana sta reagendo con determinazione ed efficacia perché si è mossa per tempo.
Quindi ci si può ammalare anche col vaccino, ma chi è vaccinato guarisce prima!
Intanto ha meno probabilità di morire e non è poco, e di avere le complicanze della malattia che possono essere devastanti. Le cito solo Bebe Vio, che è un esempio per me luminoso di un gigante, una grande italiana che testimonia anche la coscienza che tutti dovrebbero avere. Una giovane che da sola ci ricorda quanto sia importante vaccinarsi per proteggere se stessi e l’intera comunità. La gente che è scettica o diffidente dovrebbe pensare a Bebe Vio.
Cosa direbbe a coloro che ritengono causa di eventuale epidemia i migranti?
Questa è un’affermazione non sostenuta da evidenze scientifiche, si può solo ipotizzare che nella gola dei migranti che arrivano da noi ci sia il meningococco e che loro siano gli untori. Sui 61 casi della Toscana solo 11 sono stati documentati in stranieri, una quota minoritaria. Poi, se andiamo a vedere il meningococco che prevale nella fascia della meningite, cioè nell’Africa subsahariana, nei Paesi che alimentano il fenomeno della migrazione, prevale un meningococco che è di ceppo W che è diverso dal ceppo C che prevale nelle nostre latitudini. Quindi è un’affermazione priva di qualunque evidenza scientifica, è un po’ frutto dell’ignoranza. Noi rivendichiamo il diritto di avere un’opinione che è sacrosanto. Un’opinione in ambito scientifico, ma anche generale, deve essere sostenuta da evidenze, a maggior ragione in questo campo.
Le dosi di vaccino disponibile sono sufficienti?
Ci sono tranquillamente. Quello che ci deve anche essere è la coscienza da parte della popolazione, che ingiustificatamente corre senza che ci sia alcuna emergenza. Pensino all’influenza.
Ed anche alla rosolia, al morbillo e alla parotite?
Certamente!
@vanessaseffer