Domani alla Dundas Street Gallery di Edimburgo si terrà il vernissage della mostra di Alina Ditot, artista romena che rappresenta le sue emozioni traendo da quanto apprende da chi incontra nella vita. La sofferenza di ciò di cui viene a conoscenza, del vissuto del suo popolo e di altri vicini al suo, le hanno trasmesso il desiderio di esprimere il disagio del silenzio. Non seguendo ideologie precise, ma trovando una soluzione personale, lei dipinge la tela con una tecnica mista, fatta di oli, acrilici e colle, poi la taglia per rompere con il dolore e la annoda per infrangere le regole con i suoi colori ed effetti luce. Fa dei giochi che fanno comparire dei disegni che compongono una simbologia che appartiene solo a lei ed a chi osserva le sue opere.
Affronta forti temi sociali Alina, come il disastro di Chernobyl, Hiroshima e Nagasaki, Auschwitz. Le viene naturale ribellarsi in un mondo che si lascia sopraffare, che non fa niente per cambiare le cose, che trova più comodo unirsi al gregge. Il suo strappo equivale al senso di ingiustizia che Alina sente per quanto accaduto, da cui lei vuole distaccarsi e da cui vuole allontanare il genere umano. La mostra è curata da Salvatore Russo, calabrese di Catanzaro, che ha al suo attivo la Biennale di Barcellona al Museo Europeo di Arte Moderna (Meam), “I nuovi eredi di Jackson Pollock” a Villa Castelnuovo di Palermo e “I Segnalati” alla Dundas Street Gallery, solo quest’anno.
@vanessaseffer