In Italia nel 2010 sono 187 le persone che si sono tolte la vita per motivi finanziari ed economici. Dall’inizio del 2012, quindi in soli quattro mesi solo in Veneto sono 30 gli imprenditori che si sono suicidati, tutti intorno ai 40 anni. Non per debiti, ma per crediti che non riuscivano a riscuotere, quindi poi questi si sono trasformati in debiti verso gli operai che dovevano essere pagati e verso i fornitori. A fine marzo un operaio a Verona si è dato fuoco davanti al Municipio perché senza stipendio da quattro mesi. Pochi giorni prima un piccolo imprenditore edile a Bologna si è ucciso vicino la sede della Commissione tributaria. Ma anche al sud abbiamo numerosi esempi e non solo fra imprenditori, come nel caso della signora di Gela che si è gettata dal balcone dopo essersi vista decurtare 200 Euro dalla pensione; un altro pensionato a Bari ha fatto lo stesso dopo la richiesta dell’INPS di restituzione di 5mila Euro. Imprenditori che s’impiccano nei loro capannoni, curandosi di farlo fuori gli orari di lavoro o nei giorni festivi, lasciando biglietti di richiesta di perdono, persino al fisco. Il nostro sistema economico e sociale strutturato sul debito è diventato obiettivamente insostenibile. Ma la colpa è anche un po’ nostra. Quanti elettrodomestici, automobili, televisori grandi come cinema, telefonini da 700/800 Euro, sono stati comprati a rate, oppure prendi oggi e paga fra sei mesi? Questo è solo uno degli esempi penosi in cui ci siamo fatti incastrare stupidamente, come Pinocchio e l’amico suo nel paese dei balocchi. E’ vero. La politica sta facendo il suo gioco. Ma noi non abbiamo fatto nulla per fermare questa ondata malefica che ci sta travolgendo, da anni. Ci stava bene così, abbiamo preso fino a quando abbiamo potuto, ci siamo fatti raccomandare per ottenere il documento, per passare avanti in ospedale, per farci togliere la multa.
Così adesso ci troviamo in un vortice infinito di nefandezze da cui non sappiamo districarci.
Per anni si è vissuti al di sopra delle proprie possibilità, tutti quanti, soprattutto il mondo imprenditoriale che poteva accedere a crediti e a finanziamenti con tranquillità. Ciò che contava tanto era far crescere i consumi, soprattutto delle cose inutili e superflue. Oggi le banche non concedono più prestiti. Esagerando anche, perché non si fanno differenze fra coloro che potrebbero mettere su un’impresa o portare avanti un’azienda dignitosamente e chi invece non merita niente. Non è compito di una banca fare queste distinzioni. Così è aumentata la richiesta di denaro facile ad altri soggetti, dal 17% del 2007 al 35% del 2010. Secondo l’associazione dei Contribuenti italiani sono aumentate del 217% le famiglie che si sono super indebitate e nel 2011 i casi di usura sono arrivati al 148%.
Il momento è davvero troppo delicato. Troppi sacrifici imposti agli italiani, che reagiscono uccidendosi, dal governo che li ritiene dei “danni collaterali”.
Uno stillicidio di persone che si sta immolando per disperazione, segnale di resa e di solitudine assoluta, ma anche di rivendicazione estrema di dignità.
Il Paese al momento vive secondo la logica delle banche e delle assicurazioni, non secondo gli interessi reali dei cittadini, e la nostra è un’ignoranza colpevole che non va giustificata. Dovremmo scendere in piazza e pretendere il rispetto dei nostri diritti manifestando senza violenza ma con fermezza assoluta, per i nostri figli specialmente, a cui hanno rubato il futuro, per cui non c’è più niente da sognare.
L’usura che sempre di più travolge migliaia di cittadini, le banche che non intendono venire incontro, il processo produttivo completamente paralizzato, le aziende che chiudono licenziando centinaia di dipendenti, i giovani che non hanno lavoro e che non ne troveranno mai di questo passo se non sono il figlio o il nipote di “qualcuno”, la qualità della vita sempre più misera.
Perdere il lavoro significa perdere il proprio posto nel mondo. Ci si sente abbandonati da tutti. Ci si sente traditi da questa politica che non pensa ad altro che ai propri interessi, a quelli di pochissimi nel mondo, di pochi banchieri, mega imprenditori e massoni.
Ai piccoli imprenditori e ai professionisti onesti non mancano le commesse, ma la fiducia delle banche. Ci vuole poco per finire in mano agli strozzini, e da lì il precipizio.
Mentre si blatera di articolo 18, l’effetto della crisi è coscienza sempre più diffusa (viene da pensare alla Grecia dove il numero dei suicidi lì non si conta più).
Occorre riprendersi il futuro, difendere la dignità dell’essere umano, i diritti delle persone a soddisfare i bisogni primari, dell’essere individui, di crescere i nostri figli e di dare loro un futuro dignitoso, un’istruzione, una sana educazione al rispetto dei valori umani. Tutte cose che l’attuale governo sta mettendo da parte, sta sacrificando per altri scopi che ci obbligano a decidere nell’immediato di fare qualcosa e a non vederci spettatori passivi della nostra rovina.
A Bologna entrerà in funzione dal prossimo 24 aprile un Telefono Amico che ha un numero provvisorio: 051. 4172311 al quale risponderà una squadra composta da uno psicanalista, un avvocato e un commercialista. Una specie di pronto soccorso per coloro che nella disperazione a causa delle tasse o stritolati dalle scadenze pensano di farla finita. Un’idea di Confartigianato di Bologna per raccogliere il grido disperato dei piccoli imprenditori. Si sa che i prossimi mesi saranno addirittura quelli più difficili e il problema sarà destinato ad acuirsi.
Vanessa Seffer
da Palermomania.it del 21/4/2012