Germana, l’avvocato che salva gli italiani a New York

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Germana Giordano con i poliziotti in uno dei momenti del suo lavoro

”L’errore più grande è quello di non chiamare subito l’avvocato”

Germana Giordano: “Troppi turisti ignorano le leggi Usa”

 

È nata a Bari e vive ad Harlem, pronuncia arringhe nei tribunali di New York ed è un’appassionata di yoga; il marito è un afroamericano e lo ha incontrato in un club: neanche 40 anni, laurea a Bari, identità a cavallo fra Italia e Stati Uniti, Germana Giordano si dedica alla missione quotidiana di togliere dai guai i nostri connazionali responsabili di reati penali a New York e dintorni.

 

Nel suo ufficio legale al 250 di Park Avenue passa la maggioranza dei turisti italiani che infrangono la legge nella Grande Mela. Per lei, che di solito si occupa di omicidi e gravi reati, seguire gli italiani rimasti imbrigliati nella giustizia americana è quasi una missione. La scelta di parlare con «La Stampa» nasce dalla convinzione che «alla radice dei problemi in cui inciampano i turisti c’è la scarsa conoscenza di come funziona la legge Usa». Dunque è opportuno preavvertire in anticipo cosa si rischia in caso di reati penali. La Giordano infatti è una penalista o meglio, forse l’unica penalista fra gli avvocati italiani che affiancano il Consolato nel soccorrere i connazionali in difficoltà. «I reati più comuni sono di quattro tipi – esordisce – urinare in pubblico, rubare nei negozi, bere in pubblico e fumare in luoghi dove è proibito». Da un punto di vista strettamente numerico coloro che «urinando in pubblico vengono arrestati sul fatto» sono i più numerosi: fra i 20 e 30 casi l’anno. Si tratta di uomini, giovani e adulti, che si comportano a New York come in una qualsiasi città italiana. Si appartano in un luogo e fanno i loro bisogni. «Ma un agente li vede, li avvicina, li ferma e li arresta» nella loro «più totale incredulità e spesso fra vivaci proteste».

 

Poiché a volte si tratta di un reato penale che a New York comporta fino a un massimo di 12 mesi di reclusione i responsabili vengono portati in tribunale e quando l’avvocato Giordano entra in azione si trova a gestire cause che portano nella maggior parte ad «assoluzioni e patteggiamenti» attraverso battaglie legali che restano negli archivi dell’immigrazione. «Anche se in caso di assoluzione la fedina penale è pulita, negli archivi dell’immigrazione resta traccia dell’arresto – spiega l’avvocato – e ciò significa che quando la persona interessata tornerà a fare richiesta di visto per gli Stati Uniti dovrà indicare nel modulo l’arresto, altrimenti affermerebbe una bugia andando incontro a ulteriori complicazioni» destinate a rendere difficile il ritorno negli Stati Uniti.

 

Quanto ai furti, «a commetterli sono quasi sempre professionisti affermati o studenti universitari con curriculum esemplari che durante lo shopping in un negozio o in un grande magazzino vengono sorpresi dalla sicurezza con capi di abbigliamento dentro borse e sacche. Si difendono affermando che questi capi sono finiti nelle borse per caso o per errore». Si tratta «di una ventina di casi l’anno» che comportano deposizioni, interrogatori, processi e forte imbarazzo da parte degli arrestati che temono conseguenze sulla propria immagine se la vicenda dovesse diventare di pubblico dominio. Anche in questo caso la pena massima è di 12 mesi di carcere, con il relativo obbligo di sostenere spese legali non indifferenti per essere assolti o patteggiare il versamento di una multa. Se urinare in pubblico è «una cattiva abitudine di cui si ignorano i risvolti penali a New York», rubare dentro i negozi nasce piuttosto dalla tentazione di farla franca, nell’inconsapevolezza che oramai la sorveglianza video ed elettronica consente controlli capillari pressoché ovunque nella metropoli più protetta degli Usa.

 

«Un altro reato tipico degli italiani in vacanza è bere in pubblico – spiega Giordano – vengono fermati per strada con bottiglie o lattine di birra che non nascondono nella tipica “brown bag” e ricevono i fogli rosa di comparizione». Sono almeno dieci ogni anno i connazionali in tali condizioni. «Infine ci sono gli arresti per fumo», più ridotti di numero, e qui Giordano si sofferma sul racconto di un «professionista italiano che viene spesso a New York e fumava seduto in un parco». Ignaro delle nuove ordinanze del sindaco Michael Bloomberg, è stato fermato e «ha tentato di risolvere subito l’incidente andando a versare di persona la multa». Ma il risultato è stato «un boomerang» perché «la sua confessione ha complicato di molto la gestione di un caso che rimane aperto».

 

La vicenda è esemplare di un altro aspetto degli arresti di italiani, ossia che gli interessati «tardano a chiamare un avvocato» e di conseguenza commettono l’errore di «andare da soli all’interrogatorio con la polizia» con il risultato spesso di contraddirsi e peggiorare la situazione. «Un altro degli errori più comuni è sottovalutare i foglietti gialli, bianchi o rosa che la polizia recapita, pensano che si tratti della notifica di una banale multa». In realtà sono avvisi di comparizione in tribunale e indicano l’inizio di un procedimento penale.

 

Ignorandoli si rischia di essere colpiti da un mandato d’arresto e chi è già partito per l’Italia scopre spesso cosa è avvenuto solo quando sceglie di tornare in America, compilando online il modulo «Esta». «Ciò che più mi preme è che i turisti italiani prima di partire per gli Stati Uniti sappiano cosa non devono fare per evitare di finire nella maglie della giustizia» andando incontro a grattacapi, paure e spese. Ironia della sorte vuole che, per chi finisce in questa rete della giustizia a stelle e strisce, la via d’uscita può essere la Croce Rossa: chi infatti viene condannato da un tribunale di New York a un periodo di “«servizio a favore della comunità» può avere l’opzione, previo patteggiamento, di scontarla in Italia impegnandosi a svolgere del volontariato a favore della Cri. «avviene non di rado».

 

Di maurizio molinari

CORRISPONDENTE DA NEW YORK De La Stampa.it

 

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Giornata contro l’Aids, nel 2011 2,5 milioni di contagiati

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Giornata mondiale dell'Aids Giornata mondiale dell’Aids

Giornata contro l'Aids, nel 2011 2,5 mln contagiatiOggi si celebra la Giornata mondiale contro l’Aids. Una malattia contro cui si stanno ottenendo dei risultati, anche se molto rimane ancora da fare. Secondo le cifre comunicate dall’Oms, nel 2011 si sono infettate 2,5 milioni di persone, 700mila in meno rispetto a dieci anni fa, e i morti sono stati 1,7 milioni, 600mila in meno rispetto al 2005.Anche sul fronte dei bambini, le cifre parlano di risultati migliori. I dati Unicef rilevano infatti che il numero di nuovi contagi da hiv nei bambini è diminuito del 24%, passando da 430mila nel 2009 a 330mila nel 2011. Ma quasi il 90% dei bambini sieropositivi vive in appena 22 paesi, la maggior parte in Africa sub-sahariana. Nel 2011 circa 900 bambini ogni giorno sono stati contagiati dall’hiv, pari a un contagio su sette nuovi a livello globale. E anche se tra il 2010 e dicembre 2011 oltre 100mila bambini in più hanno ricevuto farmaci antiretrovirali, meno di un terzo delle donne in gravidanza e dei bambini ricevono le cure di cui hanno bisogno, rispetto al 54% degli adulti.

Come ricorda Amref, l’Africa Sub-Sahariana continua a essere la regione più colpita dall’hiv: ospita il 12% della popolazione mondiale e il 68% di quella sieropositiva, di cui il 60% sono donne. L’Africa ospita anche oltre il 90% di bambini con infezione da hiv in tutto il mondo. Secondo Gottfried Hirnschall, direttore del dipartimento Hiv dell’Oms, anche se “molti paesi stanno affrontando difficoltà economiche, riescono ad aumentare l’accesso alle terapie antiretrovirali. L’obiettivo di avere 15 milioni di pazienti trattati nei paesi in via di sviluppo entro il 2015 sembra più raggiungibile che mai, visto che ora sono 8 milioni le persone trattate e nel 2003 erano solo 400mila”.

E proprio dal punto di vista delle risorse l’Italia viene bacchettata dall’Osservatorio italiano sull’azione globale contro l’aids, rete di 16 ong impegnate contro la pandemia nei Paesi del Sud del mondo. Le dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio, Mario Monti, e dal ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi, sull’intenzione dell’Italia di contribuire al Fondo Globale contro l’aids, “rimangono infatti al momento mere enunciazioni, in quanto nessuna delle amministrazioni competenti si è assunta ad oggi la responsabilità di dare loro sostanza. Il ddl Stabilità 2013 non contiene alcun riferimento al Fondo Globale, sebbene preveda il rifinanziamento di vari Fondi Multilaterali di Sviluppo”.

L’Italia, come precisa l’Osservatorio, deve ancora versare al Fondo i contributi promessi per il 2009 e il 2010, pari a 260 milioni di euro e siede ora nel seggio della Commissione europea, che accoglie donatori minori. Considerando che i due terzi del contributo italiano alla lotta contro l’hiv erano erogati attraverso il Fondo Globale, “l’impegno dell’Italia – conclude – per contrastare la pandemia nei Paesi in via di sviluppo si è ora praticamente azzerato”.

Intanto alla vigilia c’e’ stato un piccolo giallo sullo spot sulla prevenzione del ministero della Salute. Nel breve video appaiono diverse coppie, fra cui alcune gay, che invitano alla prevenzione. Il testimonial della campagna, Raoul Bova, chiude lo spot con le parole “uniti contro l’Aids si vince”. Ma la parola ‘profilattico’ o ‘preservativo‘ non viene pronunciata: la Lega Italiana lotta all’Aids (Lila) disconosce subito l’iniziativa.

E parte la caccia al ‘vero spot’ dato che il video ‘incriminato’ non appare su YouTube e dal sito del ministero, mentre c’è una versione audio che si conclude con la voce dell’attore romano che raccomanda il test Hiv e invita chiaramente ad “utilizzare il preservativo”. “C’é stato un errore di caricamento del video su You tube”, spiegano al ministero. Tutto si risolve in un paio d’ore con il caricamento della versione integrale del clip concordata con le associazioni.

Quella di oggi non è la prima polemica sull’informazione pubblica in occasione della Giornata del primo dicembre. La pietra della discordia, da oltre un decennio, è quasi sempre la stessa: il termine ‘preservativo’. La parola tabù è stata pronunciata una sola volta prima di oggi: nel 2008, quando il messaggio del ministero della Salute è affidato ad Ambra Angiolini che pronuncia ‘preservativo’ prima in Italia, oltre 20 anni dopo la scoperta del virus dell’immunodeficienza. Negli anni 2000 almeno tre o quattro gli episodi che hanno fatto discutere a lungo. Nel 2000 Umberto Veronesi, in occasione dell’1 dicembre, scatena le proteste del Vaticano, dicendo che i prezzi dei profilattici vanno abbassati: “Se oggi la mortalità per Aids è ridotta di un quinto in Europa e nel mondo occidentale, il merito va in gran parte alla diffusione di massa dei profilattici“.

 

Da Ansa.it

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Giovane palermitano potrebbe rappresentare giovani europei per consegna Premio Nobel per la Pace 2012

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Un giovane palermitano potrebbe rappresentare i giovani europei
(compresi nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni) in occasione della
consegna del Premio Nobel per la Pace, assegnato nell’anno 2012
all’Unione Europea, che avverrà ad Oslo il 10 e 11 Dicembre.

Si tratta di Alberto Di Franco, 18 anni studente dell’ultimo anno del
Liceo scientifico Benedetto Croce di Palermo, il quale è l’unico
italiano tra i sedici finalisti  per la sua fascia d’età.

Ha superato la selezione al concorso, indetto dalla Commissione e dal
Parlamento Europeo, con una frase/metafora sul calcio : “La pace in
Europa è il goal più importante, segnato da una squadra di cittadini
con la maglia blu e le stelle dorate”.

Adesso, solo i cittadini europei potranno scegliere il vincitore
votando esclusivamente attraverso facebook.

“È motivo di grande orgoglio sapere che un cittadino palermitano possa
rappresentare l’Unione Europea in occasione della consegna del Premio
Nobel per la Pace”. Lo  ha affermato il sindaco di Palermo Leoluca
Orlando, il quale ha votato Alberto  Di Franco attraverso il proprio
profilo personale di facebook.

“L’amministrazione comunale di Palermo sosterrà la candidatura di
Alberto attraverso i propri canali di comunicazione istituzionali –
afferma Giusto Catania , assessore alla Partecipazione e Comunicazione
– e siamo fiduciosi che in questo modo Palermo possa rappresentare
l’Europa.”

Per votare Alberto Di Franco bisogna collegarsi al seguente indirizzo:
https://www.facebook.com/PeaceEuropeFuture?sk=app_486773804696227

Successivamente, aperto il link, è necessario cliccare su “vai
all’applicazione “ e votare ALBERTO, tra i sedici finalisti.

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FAQ MUOS (Mobile User Object System) NEL COMUNE DI NISCEMI (CL)

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COS’E’?

E’ un sistema di comunicazione militare ad altissima frequenza, Sistema Oggetto ad Utente Mobile (Mobile User Object System). Composto da 3 trasmettitori parabolici basculanti ad altissima frequenza e 2 antenne elicoidali UHF.

DOVE SI TROVA?

Fin’ora esistono tre installazioni operanti: Virginia, Hawaii, Australia; quasi tutte in luoghi desertici. Gli USA vorrebbero installarlo nella base di C.da Ulmo a Niscemi (NTRF – NASSIG – NATO); nel pieno della Riserva
Naturale Orientata Sugereta di Niscemi, già indicato Sito di Importanza Comunitaria.

CHE DIMENSIONI HA?

Le antenne paraboliche basculanti hanno un diametro di 20 metri, si prevede un totale di 2059 mq di cementificazione.

SONO POSSIBILI INTERFERENZE CON APPARECCHIATURE MEDICHE?

Si, i campi elettromagnetici prodotti vanno ad interferire con qualunque apparecchiatura “elettrica”, inclusi by-pass, sedie a rotelle, pace-maker, ecc. Infatti, la costruzione del MUOS, inizialmente prevista a Sigonella, e’ stata spostata a Niscemi proprio a causa di un rapporto dei militari americani che indicava che il MUOS puo’ facilmente far detonare missili e bombe a distanza di chilometri.

C’È PERICOLO PER L’ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI?

SI, lungo il fascio delle antenne MUOS il campo elettromagnetico rimane sopra i limiti di legge (L.36/2001) per oltre 135 km! (fonte Studio presentato dagli stessi tecnici). Secondo i tecnici USA la dispersione laterale sarebbe trascurabile.

AVRÀ IMPATTI SULLA SALUTE?

SI, le esposizioni a lungo termine di campi elettromagnetici ad altissima frequenza, anche se non eccessive ma prolungate nel tempo possono produrre insorgenze tumorali agli organi riproduttivi e leucemie.

CHI HA DECISO DI INSTALLARE IL MUOS A NISCEMI?

Tutto iniziò nel 2001 dove venne siglato un accordo bilaterale tra gli USA e l’Italia dall’allora governo Berlusconi, nel 2006 il governo Prodi ratifica l’accordo e impone il rispetto delle normative in materia di inquinamento ambientale ed elettromagnetico dando mandato alla Regione Sicilia di dare i relativi nulla-osta.

COSA HA FATTO LA REGIONE SICILIA?

La Regione tramite l’Assessorato Regionale Ambiente e Territorio inizia l’Iter per il rilascio dei nulla osta seguendo l’iter di una comune Valutazione di Impatto Ambientale (VIA); nel 2007 viene diramato un decreto che trasmette
tutte le competenze di VIA ai comuni su cui ricadono i progetti. In pratica non viene fatto nulla, molti politici criticano appunto il silenzio di questi anni di questi apparati politico/amministrativi retti allora da politici niscemesi.

COSA HA FATTO IL COMUNE DI NISCEMI?

A Niscemi si viene a conoscenza dell’intento di installare questo sistema nell’estate 2008; i tecnici USA forniscono una relazione dove dimostrano che gli impatti per gli animali e le specie tutelate dalla riserva sono minimi. L’ufficio tecnico, la sovrintendenza ai BBCC di Caltanissetta, il dipartimento regionale Ambiente e Territorio, l’Ente gestore della Riserva, l’Ente Foreste Demaniali, l’Ufficio per la Protezione Ambientale di Caltanissetta in una conferenza dei servizi del 9 sett. 2008 rendono il parere favorevole a questo Studio presentato. L’indomani, il Sindaco di Niscemi inizia a chiedere chiarimenti sull’impatto elettromagnetico e sugli effetti per la salute dei cittadini, i quali non sono mai stato minimamente menzionati ne analizzati, viene iniziato l’iter per il riesame del parere del 9 settembre e si da il via ad una delle mobilitazioni popolari più imponenti della storia di Niscemi. L’Agenzia Regionale per l’Ambiente ed il Territorio inizia a fare una campagna di studi elettromagnetici sul sito indicato.

CHI SI È MOBILITATO ISTITUZIONALMENTE?

Il Comune di Niscemi insieme alla partecipazione dei cittadini e di tanti siciliani hanno spinto numerose amministrazioni limitrofe e altri enti locali a schierarsi contro l’installazione del MUOS; la provincia di Caltanissetta, e moltissimi Comuni limitrofi hanno dato vita al “Coordinamento dei Sindaci e dei Consigli comunali contro il MUOS”, recente è la preoccupazione per la salute comunicata dal Governatore della Sicilia On. Raffaele Lombardo in merito. Numerose sono le interrogazioni parlamentari presentate all’attuale ministro della Difesa On. Ignazio La Russa (di Paternò, CT), purtroppo non ha espresso le stesse preoccupazioni dei nostri rappresentanti locali.

E I CITTADINI?

La grande manifestazione del 28 febbraio ha dato vita ad un movimento popolare diffuso su tutti i territori limitrofi. Sono nati comitati No muos a Gela e Caltagirone oltre che ovviamente a Niscemi (www.nomuosniscemi.it) il 21 marzo si è svolta una manifestazione anche a Caltagirone, per metà aprile è prevista la marcia Niscemi-Ulmo. Inoltre sono numerosissime le adesioni e i supporti forniti al Comitato e alle Amministrazioni locali da parte di quasi la totalità delle associazioni niscemesi e limitrofe.

ESISTONO LE POSSIBILITÀ PER NON FAR COSTRUIRE IL MUOS?

SI, le possibilità sono legate al fatto che gli Stati Uniti per poter iniziare i lavori aspettano il nulla-osta della Regione che attualmente attende il parere degli uffici tecnici del Comune di Niscemi. Se gli USA decidessero di iniziare i lavori ugualmente andrebbero incontro ad una violazione di accordi bilaterali e consentendo alla magistratura di intervenire. E’ inutile sottolineare che l’amministrazione comunale non permetterà nelle sue possibilità di far distruggere il proprio territorio.

MA SOLO CON LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI, L’INNALZAMENTO DELLA PROTESTA E LA DIVULGAZIONE DELLE INFORMAZIONI POSSIAMO GIUNGERE A TALI PRESSIONI POLITICHE DA FAR FARE MARCIA INDIETRO AL GOVERNO NAZIONALE.

 
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Ventidue donne al vertice delle istituzioni in Sicilia. Complimenti al Governatore Crocetta.

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ars

La Sicilia sorpassa tutti: sia il governo quanto l’Assemblea regionale sono composti dal più alto numero di donne della storia della Repubblica. Con una sola eccezione, che riguarda proprio la Sicilia, perché il primo Parlamento regionale, eletto nel 1947, era composto da ben diciassette donne, due in più di quanto ne sono state elette il 28 ottobre. In compenso la presenza femminile ha fatto irruzione nell’Assemblea regionale siciliana. Un fiume in piena, con le quindici deputate, se si considera che per tre legislature nel recente passato (quarta, quinta e settima), non c’era nemmeno una donna. Peggio che nelle repubbliche africane di recente conio.

Il numeri del governo sono imbattibili: sette donne su dodici asssessori. Solo il governo francese può vantare una simile condizione con diciassette Ministre. Il governo del Professore Monti ha appena tre donne, la giunta regionale di Roberto Formigoni appena due. E altrove si naviga su numeri molto bassi.

La rappresentanza femminile, del resto, è carente in tutte le istituzioni, non sole nelle Regioni e a Roma. Su ottantamila consiglieri comunali le donne sono 14.663, meno del 20 per cento. Su 8001 sindaci, 847 sono donne, appena il dieci per cento circa. Le onorevoli di Montecitorio rappresentano il 20 per cento del totale, a Palazzo Madama le senatrici – 60 su 320 – il 18,7 per cento.

Palazzo dei Normanni con quindici donne sfiora la media di Montecitorio, per merito soprattutto del Movimento 5 Stelle che vanta il drappello più nutrito, cinque donne, su quindici, pari a un terzo circa. Il più giovane deputato regionale, Giannina Ciaccio, ha 22 anni, ed è stata eletta nel M5S.

Qualcosa è cambiato, insomma.

Da SiciliaInformazioni del 24/11/2012

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