Il segretario regionale Cisl Lazio chiarisce il ruolo del sindacato a tutela dei lavoratori coinvolti nell’emergenza
Le persone che contraggono il Covid-19 sul luogo di lavoro hanno diritto ad un indennizzo da parte dell’Inail. Tra questi, ovviamente, rientrano anche medici, professionisti e operatori sanitari, che l’Inail stessa identifica come i primi destinatari della tutela, considerati l’elevato rischio di contagio a cui sono esposti e l’alta probabilità che questi lavoratori vengano a contatto con il virus.
Ma cosa può fare, in questo caso, il sindacato? Quali strumenti di tutela può mettere in campo? Ce lo spiega Enrico Coppotelli, Segretario Regionale della Cisl Lazio.
Il Segretario Cisl Medici dell’Azienda ASL Roma 2 denuncia confusione e pressappochismo nella gestione iniziale dell’emergenza: «Nessuno è sicuro di cosa bisogna fare»
Quella dell’emergenza coronavirus è una situazione che ha colto di sorpresa tutto il Paese. Eppure, in poco tempo, l’impegno incessante dei medici e del personale sanitario ha consentito di gestirla e contenerla al meglio. I primi giorni della corsa all’organizzazione per far fronte all’emergenza, tuttavia, sono stati caratterizzati da alcune note stonate. Come quelle che si sono registrate all’azienda ospedaliera Sant’Eugenio di Roma, come ci spiega il dottor Ermenegildo Renelli, Segretario Cisl Medici dell’Azienda ASL Roma 2.
Dottor Renelli, quali sono le criticità che ha riscontrato in merito ai percorsi dei pazienti negli ospedali?
«Al mio ospedale, il Sant’Eugenio di Roma, ho visto molto pressappochismo in tutte le fasi, dall’ingresso del paziente fino al suo isolamento. Ma sinceramente credo che questo sia dovuto al fatto che questa emergenza ci abbia trovati tutti un po’ impreparati, sia la Direzione che noi dirigenti medici, che magari affrontiamo il paziente che viene al triage in maniera molto superficiale, e questo è sbagliato. Dobbiamo fare come si fa di solito col dolore toracico, che è un infarto fino a prova contraria. Dobbiamo pensare che il paziente con tosse e febbre sia un caso positivo al coronavirus e smentire questa ipotesi solo dopo le analisi».
Questa confusione ha caratterizzato solo una fase iniziale?
«Sicuramente ha colto di sorpresa tutti e nessuno è sicuro di quello che va fatto. C’è chi dice una cosa e chi ne dice un’altra, chi dice che il virus è meno letale dell’influenza, chi dice che bisogna stare più attenti. C’è una confusione dovuta al fatto che siamo di fronte ad una malattia nuova e quando c’è una malattia nuova non si sa bene come ci si deve comportare».
Cambiando discorso, come fa a conciliare la sua attività chirurgica a quella di sindacalista in una realtà aziendale con tanti iscritti al suo sindacato?
«Diciamo che è difficile. Però come tutte le cose che si fanno con passione si riesce a ovviare in maniera tranquilla. Di lavoro ce n’è tanto, perché come ha detto lei gli iscritti sono molti. Quando si esce dalle guardie si dedica più tempo a tutti i problemi che ci sono fra i vari dirigenti di tutte le unità operative. Però una cosa che mi piace è che il lavoro paga sempre, non andiamo mai a cercare gli iscritti, i dirigenti vengono da noi perché sanno come lavoriamo. Insieme a me c’è anche il dottor Magliozzi che mi dà una grossa mano, e quindi fare il lavoro insieme, andare d’accordo da quasi vent’anni è la carta vincente del nostro sindacato».
Anche se non è il caso di generalizzare, che grado di conflittualità c’è tra i dirigenti medici e i direttori di struttura complessa?
«In linea di massima andiamo d’accordo con tutti i direttori di struttura complessa, ma andiamo d’accordo soprattutto quando loro si rivolgono ai loro dirigenti e afferenti alle loro UOC trattandoli come collaboratori. Quando poi fanno cose che non devono fare cominciano i problemi. Però in linea di massima non c’è nessun problema. Tanti direttori di UOC sono molto collaborativi, sono anche capaci di riconoscere quando sbagliano, perché può capitare a tutti di sbagliare, anche a loro. Con la Direzione generale ugualmente, non ci sono grossi problemi, anche se quando vedono le mie lettere, di solito, si mettono le mani nei capelli, tutto qui».
Le aggressioni ai medici diventeranno un reato anche fuori da ospedali e ambulatori. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, infatti, ha presentato un apposito emendamento che estende il campo di applicazione “della fattispecie penale anche agli episodi di violenza occorsi al di fuori delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private”. “L’obiettivo – ha aggiunto […]
Le aggressioni ai medici diventeranno un reato anche fuori da ospedali e ambulatori. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, infatti, ha presentato un apposito emendamento che estende il campo di applicazione “della fattispecie penale anche agli episodi di violenza occorsi al di fuori delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private”.
“L’obiettivo – ha aggiunto Speranza nel corso di un’audizione presso le commissioni congiunte di Camera e Senato – è sanzionare le lesioni subite a causa dell’adempimento delle funzioni in qualsiasi luogo le stesse vengano esercitate”. Lo scudo penale quindi, si estenderebbe dalle corsie ospedaliere fino alle emergenze urgenze per le strade, nelle guardie mediche e presso le abitazioni private, negli interventi di protezione civile, nei controlli dei cantieri, nelle imprese, negli stabilimenti di macellazione e trasformazione e negli allevamenti. La modifica entrerà nel Ddl sulla sicurezza degli operatori sanitari all’esame della Camera. Da questa settimana sarà deciso anche un ciclo di audizioni per confrontarsi sul fenomeno. Sarà convocato l’Osservatorio sulle aggressioni. Lo scorso anno solo a Napoli si sono verificati cento attacchi gravi al personale medico ed infermieristico. Oltre tremila in tutto il Paese.
“Siamo contenti che sia stato approvato un Decreto che istituisce la Consulta permanente per le professioni sanitarie e sociosanitarie – ha dichiarato Biagio Papotto, Segretario Generale della Cisl Medici Nazionale – Come ha detto il ministro Speranza, con l’ascolto e con il confronto si governa meglio. Confrontarsi con i rappresentanti dei medici, degli infermieri, dei farmacisti e di tutti i professionisti della salute sarà un’arma in più per governare meglio la situazione drammatica che viviamo quotidianamente per cui questo governo è chiamato a trovare una soluzione efficace. Lo Stato dovrà dare una risposta molto ferma nel prendere delle contromisure, perchè le aggressioni ai medici e al personale sanitario sono intollerabili. La violenza non è mai accettabile ma in particolar modo quando si rivolge a chi si prende cura ogni giorno delle persone, negli ospedali come negli ambulatori, per le strade e nelle case. Mi auguro che questa norma non tardi ulteriormente ad essere approvata e che faccia la differenza”.
La guerriglia urbana incontrollata non dà tregua agli operatori della sanità e non consente a migliaia di professionisti di lavorare con serenità. È impensabile che i medici ogni giorno vadano al fronte, e rischino la propria vita
Nel 2019 la Cisl Medici Lazio ha condotto una vera e propria battaglia per sottolineare la gravità e l’incessare delle quotidiane violenze subite da medici e operatori sanitari sui posti di lavoro. Veri e propri assalti frontali fatti di parolacce, sputi, improperi, minacce, conditi spesso da atti delinquenziali come la rottura di oggetti o macchinari nei Pronto soccorso e nelle corsie, negli ambulatori e nelle ambulanze. Il più delle volte, per ovvie ragioni, sono le professioniste donne a farne le spese.
Ci sono stati episodi limite, dove purtroppo le cronache hanno dovuto riportare coltellate, spari di pistola, aggressioni fisiche. Un bollettino di guerra che non ha una specifica collocazione territoriale: per una volta, non ci sono differenze fra il Nord, il Centro ed il Sud. In caso di aggressioni ai medici, “tutto il mondo è paese”.
La Cisl Medici Lazio nel 2019 ha incessantemente portato avanti un’azione di sensibilizzazione sul fenomeno, una battaglia di civiltà che non si fermerà nel 2020, anzi incrementerà l’esposizione mediatica perché davvero si trovino soluzioni “sensate”. Il dottor Luciano Cifaldi, oncologo e segretario generale della Cisl Medici Lazio, ha coinvolto in maniera trasversale rappresentanti politici e delle istituzioni, come i prefetti del Lazio. Diverse testate giornalistiche, sia di settore sia di orientamento politico caratterizzato, hanno dimostrato una concreta sensibilità sul tema ampliando il grido di allarme che è stato raccolto e rilanciato anche dai medici della Cisl di Roma Capitale e delle altre province del Lazio.
Questa guerriglia urbana incontrollata non dà tregua agli operatori della sanità e non consente a migliaia di professionisti di lavorare con serenità. E non si tratta di professionisti qualunque, ma dei nostri medici, veri eroi in un mondo, quello della Salute, fatto di tagli, di blocco del turnover, di problematiche legate al contratto nazionale e di carenza di personale, a cui troppo spesso si chiede di lavorare il doppio o il triplo delle ore che dovrebbero essere previste.
Il 2020 sarà un anno in cui la Cisl Medici Lazio darà battaglia su questo tema, perché è impensabile che i medici ogni giorno vadano al fronte, e rischino la propria vita.
Recentemente il Commissario straordinario della Asl Roma 5 Giuseppe Quintavalle ha presentato un nuovo modello di gestione delle liste di attesa per le prestazioni e di riorganizzazione dei servizi legati alle disabilità, da quelle logopediche a quelle cognitive a quelle fisiche. Il modello prevede, attraverso una piattaforma, una collaborazione attiva e costante con i privati e i privati accreditati che offrono gli stessi servizi sanitari e che rappresentano una risorsa aggiuntiva per i servizi sanitari al fine di arrivare ad una omogeneizzazione delle procedure e agende condivise all’interno di un più ampio intervento di sburocratizzazione. Un percorso di difficile attuazione sul quale non può essere tralasciato l’aspetto legato ad una migliore e maggiormente efficace informazione e comunicazione ai cittadini attraverso la redazione e la diffusione di guide dedicate elettivamente a questi servizi.
Una sfida davvero importante per la sanità pubblica stretta sempre più tra vincoli di bilancio, episodi sempre più frequenti di aggressioni agli operatori, clamori mediatici su casi presunti o reali di malasanità. Un mondo quello della disabilità che spesso non appare, non fa notizia, tranne che in situazioni di forte denuncia sociale perché è come se alla disabilità di un cittadino si accompagnasse il disagio di manifestare il proprio stato. Eppure la cronaca è piena di esempi positivi, di cittadini eroi, di testimonial che hanno fatto della propria disabilità un punto fermo per andare avanti e bene nella vita, rappresentando un esempio positivo. Eppure di disabilità si parla poco e quando se ne parla sembra quasi di affrontare una tematica secondaria, collaterale e non centrale nella vita quotidiana.
È di questi giorni l’iniziativa di un sindacato, la Cisl Nazionale, che ha presentato la decima edizione del Premio intitolato a Flavio Cocanari, il primo referente sindacale in Europa per le disabilità. L’intento della Cisl per questo anno è di avvicinarsi all’evento tornando a mettere il focus della nostra attenzione sulla centralità della persona per arrivare a proporre, anche all’esterno degli ambiti organizzativi del mondo sindacale, una epica narrativa capace di riconoscere, accogliere e accompagnare le persone in queste situazioni complesse di vita.
Per realizzare questo proposito, la Cisl ha chiesto a tutte le proprie federazioni e strutture di segnalare a livello centrale le storie di persone con disabilità o patologie gravi e ingravescenti , e le storie di non-autosufficienza che sono entrate in contatto con il sindacato di via Po nei variegati ambiti, ad esempio nel lavoro, attraverso un istituto contrattuale, nel territorio, attraverso i servizi, gli enti, le associazioni, ricavando da tale incontro almeno un elemento di positività per la propria vita.
“L’intento finale è quello di costruire una narrazione collettiva di questi volti e di queste storie, che aiuti a cogliere l’insieme di una proposta sindacale complessiva in relazione al mondo delle disabilità e generativa rispetto agli esiti che ne possono nascere”.
Una lodevolissima iniziativa per la quale, spiega il sindacato, non si è alla ricerca di casi eclatanti, ma del racconto di una presenza e di un accompagnamento quotidiano che rappresenti un meccanismo premiante rispetto alla vita della singola persona. Ci sembrava giusto riportare questa notizia anche con una punta di ammirazione per una proposta che non viene urlata e che merita attenzione, ascolto e piena collaborazione.