Cinque regioni italiane coinvolte per il momento, ma non si fa cenno a quanti ogni anno, muoiono di influenza nel nostro Paese: lo scorso anno ci sono stati 516 contagi dall’ottobre precedente, 376 persone sono state intubate e 95 sono decedute. Comunque da una manciata di ore succede di tutto: fino a pochi giorni fa andava tutto bene, ora il nord Italia è appestato, il sud ancora resiste. Ma c’è da pensare che presto anche lì arriveranno dei casi. Ecco perché sarebbe bene pensare ad una organizzazione condivisa sul da farsi e non lasciare che anarchicamente ciascuna Regione faccia come creda, adottando protocolli autonomi, ma avendo una visione unica in tutto il Paese.
Sarebbe bene ascoltare la voce autorevole dei medici, dei virologi, degli scienziati e basta. Lasciamo la parola a loro, agli esperti, e attendiamo con saggezza, senza allarmismi inutili, seguendo i consigli che danno: restare a casa ove è deciso che si debba fare così, lavarci costantemente le mani, di tossire e starnutire con delle regole precise, e attendere e vigilare sul nostro stato di salute con calma, senza dar luogo a sfoghi imbecilli contro persone di altre comunità ed etnie.
I medici, già, che lavorano da settimane, come sempre, ed ora più che mai, a dispetto di tagli, di orari impossibili, di gravissima carenza numerica nelle corsie come nei Pronto Soccorsi ed essendo i più esposti alla possibilità di essere contagiati, di ferirsi, di ammalarsi, perché sono persone non sono robot, non lo dimentichiamo. Noi spesso abbiamo la pretesa che da parte loro, che fanno tutto il possibile e del loro meglio, debbano fare pure i miracoli. I medici, gli infermieri, il personale sanitario ci sono h24 e a nostra disposizione a titolo gratuito. È così il nostro Servizio sanitario nazionale, che ci garantisce essendo “universale”, sistema unico al mondo, le cure primarie a noi e a chiunque arrivi nel nostro Paese, pur senza documenti. Sfidiamo chiunque a trovarne un altro così nel resto del mondo da paragonare al nostro, che “accolga” in modo paritario a tutte le ore, come quello italiano e a parità di professionalità.
Non finiremo mai di ringraziare quindi i nostri medici, uno ad uno, dai più anziani e titolati all’ultimo degli specializzandi, che si stanno adoperando in questa battaglia contro il Covid-19 che non sappiamo dove ci porterà, ma che certamente ci rappresenta come un Paese aperto, forte, all’avanguardia e soprattutto generoso ed accogliente, a dispetto di chi non apprezza, chi condanna. Chi aggredisce i sanitari, chi non è mai contento, chi punta sempre il dito, chi punta a demolire un sistema piuttosto che rafforzarlo, migliorarlo, renderlo più evoluto e all’avanguardia. Perché la materia prima, la parte nobile, i nostri medici, sono i numeri uno, su cui puntare per costruire la Sanità del futuro del Paese. Interessante come i nostri 40 connazionali siano stati rinviati al mittente dalle Mauritius, neppure fatti scendere dall’aereo e grazie al comandante accuditi come meglio si è potuto, quindi nemmeno guardati in faccia da chi avrebbe dovuto “accoglierli”. Per loro aeroporto chiuso e di corsa indietro, a casa, nonostante avessero condiviso lo stesso volo con altre 260 persone di altre nazionalità.
@vanessaseffer
Da L’Opinione