Magari a qualcuno potrà anche sembrare simpatico, senz’altro qualcuno potrà anche sentirsi “fico” se a pronunciare le fatidiche parole è una bella barista, gli si raddrizza la giornata, la giacca o il pullover cadono meglio. Magari qualche signora potrebbe perfino sentirsi lusingata se a pronunciare il “che prendi cara?” è un giovane avvenente a preparare il caffè, specie se il marito o il fidanzato cominciano a non notare di aver cambiato il colore delle unghie. Magari però se ne potrebbe fare a meno. Mi occorre solo un latte bianco con molta schiuma e cannella, un cappuccino d’orzo chiaro, al più una tea con latte freddo a parte o un cornetto vegano. Il massimo sarebbe ricevere quanto ordinato accompagnato da un sorriso spontaneo, vabbè anche solo un sorriso prodromico della mancetta. E invece mi “becco” la stucchevole mancanza di educazione, mimetizzata da disponibilità a prepararmi quel caffè e quel cappuccino con i migliori sentimenti, quelli puri, quelli autentici, quelli che solo il “che prendi cara?” non mi consente di apprezzare in pieno.
A quando una app che sul telefonino ci indica quei locali dove sedersi e prendere in pace il nostro caffè preferibilmente non bruciato? E se poi quel break non dovesse essere il massimo, poter cambiare locale al prossimo giro e magari raggiungere quella sensazione di piacevolezza, quella cenestesi che un buon caffè può dare, se non fosse accompagnato da quel segnale che attesta una caduta in picchiata della buona educazione e dello stile: “che prendi cara?”.
@vanessaseffer