In questi giorni si sta parlando tanto dei vaccini, una scoperta rivoluzionaria, fra le più importanti dell’umanità, che permette di salvare milioni di vite consentendo al nostro corpo di anticipare la malattia anziché curarla, stimolandone gli anticorpi. L’influenza di quest’anno metterà a letto fra i 4 e i 5 milioni di italiani, i ceppi in circolo sono diversi, fra questi l’H1N1 che nel 2009 si è diffusa in tutto il mondo e che da allora torna ciclicamente. Per alcuni è solo una seccatura che terrà a letto qualche giorno, ma per altri, le cosiddette categorie a rischio, si potrà incorrere in problemi gravi, con il rischio anche della vita. La massima copertura si raggiunge fra i 10 e i 15 giorni dalla vaccinazione, pertanto gli esperti dicono di non attendere troppo per fare l’iniezione.
Con gli attuali sbalzi termici, altri virus provocano forme meno pesanti della vera influenza che invece costringe a letto con dolori muscolari, febbre alta e sintomi respiratori. L’influenza arriva per davvero quando il freddo è continuativo e le temperature si abbassano drasticamente, in genere da Natale in avanti. Una malattia apparentemente banale che tiene a casa, richiede coccole e attenzioni dei familiari, per alcuni soggetti un po più fragili può diventare un elemento che peggiora le condizioni di base. Quando si ha un raffreddore, anche con il coinvolgimento dello stomaco o una febbre leggera, diciamo subito “mi sono influenzato”, parole abusate perché si fa facilmente confusione. La febbretta non è influenza. E per molti al momento giusto non saranno sufficienti i farmaci da banco, che inizialmente riducono i sintomi ma non curano la malattia, o la vitamina C, o la medicina alternativa, o un’alimentazione sana per rinforzare le difese immunitarie.
Lo scorso anno c’è stato un calo drastico delle vaccinazioni a causa dell’allarmismo suscitato per precauzione, che causò il ritiro di un lotto di vaccini da parte dell’Agenzia del Farmaco, poi rivelatosi innocuo. Il risultato è stato che un milione e mezzo di persone in più hanno preso l’influenza.
Di tutto è stato detto per scoraggiare le vaccinazioni: che queste contenessero il mercurio o il metilmercurio (quello che si trova dentro ai termometri), che fossero addirittura la causa dell’autismo, notizia falsa diffusa sulla nota rivista scientifica internazionale “The Lancet” da un gruppo di medici inglesi che volevano commercializzare un loro vaccino facendo false diagnosi di autismo, a danno di un altro che copriva realmente dal morbillo senza controindicazioni, questi sono stati radiati dall’albo e per un certo tempo i casi di morbillo in Europa sono aumentati a dismisura.
Nessuno, se non in malafede, può affermare che i vaccini abbiano effetti collaterali, non più almeno di qualunque altra sostanza che in taluni casi provoca delle allergie locali. La verità è che di malattie infettive si muore, pertanto, non potendole spesso curare è meglio prevenirle.
Le vaccinazioni per i piccoli sono obbligatorie per legge, ma cosa succede ad un adulto che non ha ricevuto la vaccinazione antinfluenzale?
“In un recente question time con il Ministro Lorenzin alla Camera dei Deputati sono state presentate le tabelle ministeriali aggiornate – spiega il Prof. Franco Perticone, Presidente della SIMI (Società Italiana di Medicina Interna) – che dichiarano che fra il 2011/2012 c’era il 63% della popolazione vaccinata e nel 2013/2014 si era passati al 55%, sempre quindi al di sotto degli standard, peggiorando nel 2014/15 poichè siamo passati al 49%, perdendo 14 punti corrispondenti ad alcuni milioni di persone, che in un paese come il nostro che sta invecchiando, è molto grave. Se un paziente anziano, spesso con polipatologie, fa una polmonite, ci sono studi che affermano che dopo un mese od entro l’anno, ci possono essere complicanze che portano alla morte, dopo questa infezione virale. Finora si è sottovalutato il problema, perché le evidenze epidemiologiche non erano solide, mentre oggi dalla letteratura internazionale sono emersi dati certi che riconoscono nella polmonite una condizione a rischio di morte anche a distanza dall’episodio acuto e la percentuale è molto alta. Il vaccino riduce la mortalità, perché i soggetti che hanno fatto la polmonite o la broncopolmonite sono a rischio elevatissimo di morte. La risposta individuale è sempre imprevedibile, anche con una forma attenuata di influenza in un paziente con polipatologia si può verificare il decesso”.
Qual è la soluzione allora, servirebbe forse una campagna informativa mirata alla popolazione al di sopra dei 65 anni? Si è parlato poco e male degli effetti collaterali dei vaccini, se ne hanno, pertanto come si può spiegare che servono gli antibiotici per le malattie batteriche e per quelle virali è assolutamente necessaria la prevenzione esercitata dal vaccino?
“La soluzione – continua il Prof. Perticone – è che tutti i medici, a partire da quelli di famiglia, devono adoperarsi di più spiegando ai pazienti che i vaccini non sono pericolosi e non servono per attenuare il sintomo influenzale, servono soprattutto a prevenire le possibili complicanze. I medici di base hanno l’obbligo morale di curare la malattia ma anche di prevenirla e di informare correttamente il paziente educandolo alle procedure salvavita. Per conquistare la fiducia dei pazienti basterebbe rispondere con “pazienza” a tutte le domande che fanno i familiari, i neo genitori, fare un esame anamnestico prima e seguire bene dopo, a iniziare dai pediatri fino a tutti i medici in generale. Inoltre va spiegato che i vaccini fanno azione preventiva salvando la vita di molti. Il dato drammatico è che gli stessi medici non si vaccinano pur essendo a contatto con pazienti con più patologie: solo un medico su 5 si vaccina.”
Anche per i piccoli si riscontrano molte ostilità da parte dei neo genitori di vaccinare il proprio figlio. Perché viene contestata la Scienza pur rischiando di pagare un prezzo così alto come la vita? Le famiglie italiane, specie quelle più abbienti e culturalmente elevate, oggi sono più attente alla salute, alla qualità del cibo, desiderano il meglio per i propri figli. Ma una quota di popolazione non si vaccina e non vaccina i suoi figli. In molte parti d’Italia è accettato il dissenso informato e in Veneto si sta compiendo un esperimento pilota dal 2008: lasciare liberi i genitori di scegliere se vaccinare o meno i figli, e questo non ha portato a un calo dei bimbi vaccinati. Giuridicamente si ha l’obbligo di quattro vaccini (difterite, epatite b, poliomelite e tetano). Formalmente chi non ha adempiuto a questo obbligo non può iscrivere il bambino a scuola. Ma le scappatoie si trovano sempre. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stimato un milione e mezzo di decessi fra i bambini ogni anno e il 40% di questi a causa del morbillo. Come si può accettare che nel ns paese si muoia per il morbillo? I maggiori paesi a rischio sono proprio quelli in via di sviluppo.
Il ruolo del medico di famiglia è importante per confidenzialità, perché il primo riferimento dei pazienti malati e anche di quelli sani. Inoltre il medico di base o di famiglia, che spesso è un internista, prende in carico il paziente nella sua totalità, ed è l’intermediario fra il cittadino, sano o malato che sia, e le istituzioni. I vaccini sono vittime del loro stesso trionfo, perché una volta che hanno debellato la malattia, come nel caso del vaiolo, della difterite, la poliomelite, il tetano, poi riteniamo erroneamente che la malattia sia stata debellata dalla faccia della terra per cui si pensa che il rischio di contrarre quel tipo di malattia sia nullo.
“Tutti i dubbi e le paure vengono riferite generalmente al medico curante dove generalmente la famiglia va a consigliarsi, il quale ha l’obbligo di informare educando – ribadisce il Prof. Perticone – Alcuni medici sconsiderati sconsigliano il vaccino purtroppo e poi ci sono i messaggi forvianti che si trovano on line che senza alcuna verifica scientifica terrorizzano le mamme. Il Ministero della Salute si sta adoperando perché la classe medica torni a dare fiducia, che distrugga questo scetticismo dilagante, imponendo anche delle sanzioni ai medici. Negli anni avevamo raggiunto un livello accettabile di copertura che proteggeva l’intera popolazione, oggi invece siamo a rischio elevatissimo, dimenticando che con i fenomeni migratori attuali sentiamo nuovamente parlare di alcune malattie che avevamo cancellato dal nostro quotidiano, come la tubercolosi e la malaria. Ci sono milioni di bambini e di adulti che si spostano da territori oltre i nostri confini europei, da paesi in cui infervorano guerre, che non hanno mai fatto alcuna vaccinazione; così anche i virus si spostano e certe malattie dimenticate possono essere reintrodotte, quindi bisogna tenere sempre alta la guardia. Se fossimo più attenti non ci penseremmo due volte a vaccinare i nostri bambini, i nostri anziani e tutti i soggetti fragili. Anni fa a Bologna ci sono stati 16 decessi per tubercolosi da batterio multiresistente alla terapia antibiotica”.
Da un Congresso internazionale di Geriatria e Gerontologia svoltosi a Dublino recentemente, si è venuti a conoscenza che se con il vaccino antinfluenzale si coprisse il 75% della popolazione ci risparmieremmo almeno 3 milioni e mezzo di casi d’influenza nel mondo, novantamila ricoveri ospedalieri ed eviteremmo cinquantamila morti ogni anno. Fra le categorie a rischio di complicanze, per cui il vaccino è fortemente raccomandato, non ci sono solo gli anziani over 65 anni (e più si è anziani maggiore è il rischio di andare incontro ad infezioni batteriche come polmoniti e broncopolmoniti), aumentando così le ospedalizzazioni, il consumo di farmaci, antibiotici in particolare, pertanto si avrebbe un notevole risparmio delle spese sanitarie in materia di appropriatezza, ma ci sono anche quelli con malattie croniche, malattie cardiache e respiratorie, i diabetici, i neurolesi, i disabili, i prematuri che hanno fra i sei mesi e i due anni, compreso i genitori e tutti coloro che stanno intorno, come badanti e baby sitter. Più gente si vaccina più la copertura funziona per tutti. Se negli anziani non sempre il vaccino è efficacissimo, se si vaccinano anche quelli che stanno vicino si crea la cosiddetta “immunità di gregge”, il virus fatica a circolare e arriva di meno dentro le loro case. Negli USA vengono vaccinati i bambini per salvaguardare i nonni.
La puntura unica esavalente è uno dei terreni di scontro per quanto riguarda le resistenze di alcuni genitori, perché non si può scegliere di vaccinare il bambino da una o due malattie soltanto. Sembra molto complicato reperire i singoli vaccini. Sarà che le case farmaceutiche ne traggono vantaggio?
“ Nessun vantaggio per le industrie – conferma deciso il Prof. Perticone – con una sola puntura si protegge un bambino da molte malattie e le vaccinazioni fatte in età pediatrica offre una copertura efficace per la vita contro le malattie infettive. Una mamma che deve far fare sei punture diverse è probabile che almeno una o due le dimentichi. In più con l’esavalente si riduce il rischio di effetti collaterali, perché ci può essere qualche effetto anche se modesto. Gli immunodepressi però non hanno un sistema immunitario sufficiente a rispondere alla vaccinazione, quando noi ci vacciniamo andiamo a stimolare il nostro sistema immunitario che produce anticorpi specifici verso quell’agente per il quale vogliamo vaccinarci, loro non rispondono allo stimolo e restano soggetti ad alto rischio, che aumenta se questi soggetti si ritrovano in comunità di non vaccinati, mentre si riduce se la comunità si è vaccinata per una grossa parte. Negli anni ‘20 ci fu una epidemia di spagnola che decimò milioni di persone che morirono per un virus influenzale”.
L’unica vera prevenzione dell’influenza è la vaccinazione, ed è doveroso dire che la vaccinazione viene dispensata gratuitamente alle persone affette da patologie croniche che è una percentuale altissima della popolazione e viene somministrata dai medici di famiglia o dalle ASL territoriali. In termini di appropriatezza economica la vaccinazione ha dei costi drasticamente inferiori rispetto alle cure delle eventuali complicanze. Il costo della vaccinazione, unica vera profilassi verso la cura della patologia o delle sue complicanze, incide pochissimo sull’intera spesa farmaceutica italiana annuale, nemmeno il 2%.
@vanessaseffer da L’Opinione