Violenze contro i medici, parla Spandonaro

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Violenze contro i medici, parla Spandonaro L’attitudine dell’uomo è quella di ammalarsi. Presto o tardi, ciascuno di noi ha a che fare con un medico, un Pronto soccorso o una guardia medica. Una delle poche certezze che ha il cittadino italiano è quella di trovare nel nostro Paese un Pronto soccorso aperto 24 ore su 24. Qui vengono prestate le prime cure a tutti i casi di urgenza ed emergenza gratuitamente con spazi dedicati alla breve osservazione. I numerosi casi di violenza contro i medici e gli operatori sanitari segnalati in questi ultimi mesi hanno dato vita a un nuovo fenomeno sociale. Molti medici, infatti, temono le reazioni dei pazienti. Un problema che va affrontato da varie sfaccettature. Pertanto questo argomento merita un adeguato approfondimento con Federico Spandonaro, professore di Economia e Management sanitario presso l’Università di Tor Vergata e presidente di “Crea Sanità”, il Consorzio per la Ricerca economica applicata in sanità, per avere un punto di vista tecnico e per spiegarci come migliorare l’immagine della sanità italiana, essendo una delle migliori al mondo, agli occhi del cittadino italiano.

Professore, cosa ne pensa di quanto accade ormai quasi quotidianamente in Italia a danno dei nostri medici e dei nostri operatori sanitari?

A volte ci si dimentica delle “dimensioni” del fenomeno Sanità; quasi tutti gli italiani hanno avuto almeno una volta un contatto con il Sistema sanitario nazionale, altri decine se non centinaia di contatti. Gli operatori della sanità sono circa un milione fra diretti e indiretti. Stiamo parlando di una grossa percentuale della società. È chiaro che se io applico dei tassi di devianza, che saranno quelli medi della società italiana, verrà fuori un numero di problemi molto rilevante. Le truffe nella sanità? Su un milione di dipendenti, facendo una media con la devianza che c’è in Italia, scopriamo che qualche migliaio di potenziali disonesti si annidano anche là. Prima di dire che ci sono delle acuzie, dico sempre che bisogna guardare alle “dimensioni”.

Viene meno il patto fra il medico e il cittadino/paziente, viene messa in discussione la “mission” del medico.

Il nostro Sistema sanitario nazionale (Ssn) è uno dei più efficienti al mondo, uno dei migliori nel dare i risultati. Quello su cui siamo carenti, e lo sanno tutti, è l’organizzazione. Le persone si esasperano perché stanno ore ad aspettare senza che nessuno dica loro cosa sta succedendo. Questa è la parte dove si può migliorare. Una buona prestazione clinica è la prima cosa, ma bisogna dare anche un servizio adeguato agli anni che viviamo. Oggi si paga per avere servizi e ciò significa avere la giusta diagnosi, la giusta terapia, ma anche non far sentire l’utente abbandonato.

Quindi nel nostro sistema c’è qualcosa che non va?

Si parla sempre delle liste d’attesa. Basta vedere com’è un ospedale italiano fra le 8 del mattino e le 13.

Perché c’è una differenza enorme fra nord e sud del Paese?

Non brilla nessuno dal punto di vista delle attese. Di contro, il cittadino è convinto di avere diritto a tutto senza mai prendersi nessuna responsabilità.

I master che lei organizza nel campo dell’economia, della politica e del management sanitario si tengono in aule stracolme anche di direttori generali, direttori sanitari e amministrativi di aziende sanitarie. Il pesce puzza sempre dalla testa professore, se una di queste figure non funziona tutto il sistema va a rotoli. È così?

Sicuramente, ma è anche vero che noi abbiamo fatto dei cambiamenti epocali. Chi ha mai formato i clinici a usare l’informatica, e così tutti gli altri? Abbiamo fatto una rivoluzione introducendo strumenti di controllo di gestione. Quando avevamo un apparato amministrativo che aveva una cultura di tipo umanistico venivano tutti da Giurisprudenza, dal Diritto amministrativo, le cose erano facilitate nell’apprendimento sia per noi docenti che per i discenti. Adesso, come è noto, le cose sono cambiate e non posso dire in meglio. Questo rende la vita difficile a noi che ci adoperiamo nell’interesse comune e a chi cerca di avvalersi dei nostri sforzi. Di nuovo c’è una carenza di formazione per cui è vero che il pesce puzza sempre dalla testa, ma è vero anche che la testa non ha avuto il tempo o le risorse per formarsi adeguatamente.

Quindi c’è un problema politico? A pretesto del debito pubblico, argomento che viene ignorato quando gli uomini di potere hanno interesse a farlo, la formazione e la sanità sono i settori che hanno patito di più i tagli nei finanziamenti, sforbiciate mortificanti per gli operatori.

L’Italia negli ultimi anni ha fatto dei miracoli per le ragioni che tutti conosciamo, per il problema del debito pubblico. La sanità ha dato certamente il contributo più grande. Aver tagliato 30 miliardi dei fondi non vuol dire che questi siano diminuiti, vuol dire che non sono aumentati per 15 anni e se andiamo a vedere quella che era la previsione del 2008, oggi avremmo dovuto avere 30 miliardi di euro in più. Quindi c’è stato un taglio che è quello che ha permesso in larga misura di risanare i conti della sanità da una parte e non aggravare il debito pubblico; la sanità ha dato un contributo enorme a questa operazione e a tutte le leggi, anche a quelle più di riforma. Penso alla Balduzzi, che ha inciso fortemente in ambito sanitario coinvolgendo ogni categoria di lavoratori. Nell’incipit dice: “A parità di spesa…”. Ma come si fanno cambiamenti a parità di spesa? Solo nel libro dei sogni.

@vanessaseffer

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